Sono circa 311 gli arresti operati negli ultimi dieci giorni in Turchia. Il numero corrisponde a tutte le persone che hanno manifestato il proprio dissenso contro l'offensiva di Ankara nella regione di Afrin. L'accusa, è di "propaganda sui social contro l'operazione militare. È iniziata il 20 gennaio, infatti, l'operazione "Ramo d'ulivo" contro le milizie curde delle Unità di protezione del popolo (YPG) e il partito dell'Unione Democratica (PYD). L'obiettivo è liberare la zona dai "terroristi". Nella Bibbia, il ramoscello d'ulivo è un simbolo di pace.
Stavolta, paradossalmente, rappresenta una delle più contestate operazioni di guerra. Anche a Londra si sono svolte proteste contro "Operation Olive Branch", mentre la Turchia spostava carri armati e bombardava gli obiettivi dell'YPG con armi pesanti. Nel frattempo, i curdi rispondevano con rappresaglie.
Bilancio di 44 obiettivi militari e 597 terroristi abbattuti
È il bilancio dei raid aerei che si sono susseguiti in questi giorni, secondo lo stato maggiore dell'esercito turco. Chissà se tra questi, il governo ha contato tutti i prigionieri che hanno perso la libertà negli ultimi 10 giorni. Il tutto fa da sfondo all'imminente processo di Taner Kilic, presidente di Amnesty International Turchia, previsto per mercoledì 31 gennaio a Istanbul.
Taner, insieme ad altri dieci imputati deve rispondere all’accusa di “terrorismo”. Arrestato il 6 giugno 2017, il difensore dei diritti umani turco, è stato accusato di aver fatto parte del movimento guidato da Fethullah Gülen. Da quel giorno, un milione di persone in 194 paesi del mondo ha protestato contro questa detenzione forzata firmando gli appelli di Amnesty.
“Di fronte a schiaccianti prove della sua innocenza e a zero prove di eventuali reati, il rilascio di Taner Kilic è ampiamente dovuto. Il fatto che abbia trascorso quasi otto mesi in carcere la dice lunga sul funzionamento del sistema giudiziario turco e sulla feroce caccia a chi difende i diritti umani in corso in Turchia”, ha dichiarato Gauri van Gulik, direttrice per l’Europa di Amnesty International.
“L’udienza del 31 gennaio costituisce una nuova opportunità per porre fine a questa evidente ingiustizia e consentire a questo appassionato difensore dei diritti umani di tornare a casa e riprendere il suo fondamentale lavoro. Il tribunale deve assolvere Taner Kilic e gli altri 10 difensori dei diritti umani e porre fine a questa farsa una volta per tutte”.