Ieri è stata presentata la delibera al ricalcolo dei vitalizi degli ex parlamentari della Camera con il sistema contributivo, un atto atteso da anni dal resto degli italiani, le cui Pensioni per niente d'oro, sono state ripetutamente riformate in senso peggiorativo in questi ultimi venti anni.
Cosa dice la delibera
Il provvedimento, che entrerà in vigore dal primo novembre, si applica ai vitalizi e agli assegni di reversibilità degli ex parlamentari della Camera, in tutto 1338, che, presumibilmente dovrebbero essere tagliati di una percentuale comrpesa tra il 40% e il 60%.
Il minimo per chi ha fatto una legislatura sarà di 980 euro e il minimo per chi subirà un taglio superiore al 50% sarà 1470 euro. I parlamentari con 4 legislature ricevanno il vitalizio ricalcolato ai valori stabiliti per il 2018. Tale provvedimento consentirà risparmi per 40 milioni l'anno alla Camera e dovrebbe essere votato a metà luglio affinchè abbia corso effettivo.
Il ricorso degli ex parlamentari
Subito si annunciano ricorsi degli ex parlamentari colpiti dal provvedimento, che per voce del rappresentate dell'associazione che li riunisce Falomi, hanno preannuciato una class action e ricorso stragiudiziale contro l'Ufficio di presidenza della Camera di Roberto Fico, ritenendo il provvedimento incostituzionale, in quanto, a loro dire, si interviene in materia previdenziale in modo retroattivo.
Inoltre, secondo i detrattori del provvedimento, toccare i vitalizi è solo l'inizio per andare a ricalcolare tutte le pensioni degli italiani col metodo contributivo.
Perché gli ex parlamentari sbagliano
In realtà, entrambi gli argomenti appaiono speciosi ed atti a difendere quello che a tutti gli effetti appare come un privilegio che non ha eguali in Europa: infatti i trattamenti previdenziali degli italiani hanno subito tutta una serie di riforme che sono andate ad incidere retroattivamente sul "patto" stipulato tra Stato e cittadini al momento del loro ingresso nel mondo del lavoro.
In soldoni, per tutti i cittadini le regole sono sempre cambiate in corso d'opera e non si capisce per quale motivo ciò non debba valere per la Politica. Inoltre Il vitalizio non ha niente a che fare con le pensioni, in quanto totalmente slegato sino all'ultima riforma, dai contributi versati (utile ricordare che i vitaliziati ricevono dallo Stato tra 5 e 7 volte quanto versato), dagli anni di lavoro prestati e dall'età anagrafica di fine lavoro.
Appare quindi improprio l'accostamento ed il grido d'allarme sulle pensioni degli italiani che sono altra cosa. Da ultimo, il vitalizio rappresenta anche una palese sperequazione rispetto al trattamento pensionistico dei parlamentari in vigore dal 2012, anno dell'abolizione degli stessi per gli eletti in attività.
Il cumulo dei vitalizi anomalia italiana
Ricordiamo infine che ancora oggi è prevista la possibilità di cumulare i vitalizi nazionali con quelli maturati negli enti locali e in sede Ue, salvo in quelle regioni che hanno provveduto con legge autonoma a vietarlo. Se poi prendiamo a riferimento come funziona fuori dall'Italia, ci accorgiamo che in Usa e Gran Bretagna il vitalizio non esiste, ma c'è la semplice pensione.
Negli Stati Uniti per esempio, è una pensione dopo 25 anni di servizio, dove quelle più alte non possono superare l'80% della retribuzione. In Russia, condito da mille polemiche esiste il vitalizio come in Italia, in Germania esiste una indennità d'anzianità che si basa sull'età anagrafica e sugli anni di lavoro, con un assegno minimo di 1800 euro e uno massimo di 5000 mensili. Come si vede una varietà di sistemi in confronto ai quali il sistema italiano, con i suoi cumuli, è il più generoso. Cambiarlo è un atto dovuto oltre che dal forte impatto simbolico, dopo che, negli ultimi 10 anni il resto degli italiani ha dovuto stringere la cinghia a causa della crisi e dei conti pubblici da tenere a galla.