Non è un mistero che l’ala leghista della coalizione di governo spinga molto sull’ipotesi di cancellazione delle cartelle esattoriali pendenti, volendo rinvenire una soluzione volta ad annullare i crediti iscritti a ruolo ai danni dei cittadini. Sin dal mese di giugno Salvini proclamava la volontà di “chiudere” tutte le cartelle di Equitalia al di sotto dei centomila euro, mantenendo la pretesa impositiva solo su una percentuale del debito, con aliquote ipotizzate fino al 25% del dovuto, in base al reddito del contribuente.
Oggi interviene sulla materia l’altro vicepremier Luigi Di Maio, chiarendo la linea dei cinquestelle: “Il Movimento 5 stelle non è disponibile a votare alcun condono», ha evidenziato Di Maio; «Quindi - ha poi aggiunto - se stiamo parlando di pace fiscale, di saldo e stralcio siamo d'accordo.
Se invece parliamo di condoni non siamo assolutamente d'accordo».
“Perché abbiamo già visto per anni – ha proseguito il vicepremier - i governi Renzi e altri, fare scudi fiscali e hanno creato solamente un deterrente a comportarsi bene e hanno fatto sempre pensare che in questo paese una via di uscita all'evasione ci potesse essere”.
Cosa dice il patto di governo
La linea dei cinquestelle è chiara: va bene trovare accordi volti a negoziare il debito dovuto all’erario; non vanno bene condoni tombali che possano evocare idee favorevoli all’evasione fiscale ed al diniego della forza esattrice dello Stato.
Effettivamente, il “Contratto per il governo del cambiamento” stipulato fra Lega e Movimento 5 Stelle, parla di misure volte ad alleggerire l’entità dei crediti vantati dallo Stato verso i contribuenti in difficoltà, escludendo esplicitamente condoni fiscali: “È opportuno instaurare una “pace fiscale” con i contribuenti per rimuovere lo squilibrio economico delle obbligazioni assunte e favorire l’estinzione del debito mediante un saldo e stralcio dell’importo dovuto, in tutte quelle situazioni eccezionali e involontarie di dimostrata difficoltà economica” - si legge nell’accordo post-elettorale tra Di Maio e Salvini; prosegue ancora il patto tra i due: “Esclusa ogni finalità condonistica, la misura può diventare un efficace aiuto ai cittadini in difficoltà ed il primo passo verso una “riscossione amica” dei contribuenti”.
Tramutare queste brevi intenzioni di condotta in una linea di governo condivisa da tutti, costituisce una delle ardue sfide che l’attuale esecutivo dovrà affrontare in questo lunga stagione che volge verso la definizione degli impegni economici annuali dell’Italia.
Differenza tra “pace fiscale” e condono
Le misure dichiarate anche oggi da Di Maio indurrebbero verso ipotesi di transazioni con la pubblica amministrazione, volte a considerare l’entità dei debiti del singolo cittadino, ridurre le situazioni di palese ed ingiustificato aggravio (come nei casi di interessi gonfiati ed accessori caricati sulla “somma base”), per poi pervenire ad un concordato su una somma “a saldo e stralcio”, con possibilità di rateizzazione.
Ben più drastica sarebbe la soluzione del condono fiscale. Matteo Salvini già si è dichiarato favorevole nello scorso giugno ad un’introduzione di aliquote assolutamente minimali, per giungere ad una sanatoria di tipo “tombale”: le ipotesi proposte sarebbero tre: aliquota del 6%, aliquota del 15% ed aliquota del 20-25%. Quella più bassa verrebbe applicata in quei casi eccezionali di incapacità involontaria di onorare gli impegni con il fisco, dimostrando in modo documentato la propria difficoltà economica.
Dalla dialettica Politica ora si passerà al concreto dell’attività di governo.