Dopo la seduta plenaria di ieri a Strasburgo in cui il premier ungherese Orban ha tenuto un discorso nel quale ravvivare le proprie ragioni, il Parlamento oggi si è pronunciato se raccomandare o meno l'applicazione dell'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea, il quale prevede sanzioni, in questo caso nei confronti dell'Ungheria, come proposto dalla deputata olandese Sargentini. Il rapporto venne presentato dall'europarlamentare lo scorso aprile alla Commissione per le Libertà civili, la Giustizia e gli Affari interni del Parlamento e prevede sanzioni nei confronti del paese magiaro per il mancato rispetto dei valori dell'Unione ai sensi dell'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea.
Sanzioni Ungheria: i valori fondanti dell'UE
L'Unione europea si prefigge una serie di valori contenuti all'interno dell'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea: tra gli altri, infatti, si citano il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, ivi compresi quelli appartenenti alle minoranze.
Dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1° dicembre 2009), occorre tener presente che tali valori fondanti devono essere letti insieme alla c.d. Carta di Nizza (Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea), divenuta vincolante successivamente a tale data.
Sanzioni Ungheria: approvato il report Sargentini
Il Parlamento europeo ha deciso di esprimersi a favore del rapporto Sargentini: il testo è stato approvato con 448 voti favorevoli, 197 voti contrari e 48 astenuti. "Una votazione storica del Parlamento a favore dello stato di diritto", ha commentato l'eletta olandese Sargentini, sottolineando che l'esecutivo ungherese ha compromesso i valori dell'Unione attaccando l'indipendenza della magistratura, dei mezzi di comunicazione e persino del mondo accademico.
Inoltre, tende a chiarire che il popolo magiaro può meritarsi di meglio dell'attuale premier Orban, in quanto meritano di vedersi riconosciuti i principali diritti e libertà, come quella alla non discriminazione, alla libertà di espressione, alla tolleranza ed alla giustizia, diritti peraltro garantiti dai trattati europei.
Ora la parola passa al Consiglio europeo, composto dai capi di Stato e di governo di ogni Paese membro, che dovrà esprimersi se attivare o meno la procedura ex articolo 7 del Trattato sull'Unione europea, la quale potrebbe addirittura compromettere il riconoscimento del diritto di voto.