Le elezioni di Midterm non sono certamente una novità nel panorama politico statunitense, ma mai come adesso chiamano in causa l'operato del presidente. Il 6 novembre 2018 (in Italia sarà la notte tra il 6 ed il 7 novembre quando si conosceranno i primi risultati) gli americani sono chiamati praticamente ad una sorta di referendum su Donald Trump ed i sondaggi non sembrano sorridere all'inquilino principale della Casa Bianca. Contestualmente si terranno anche le elezioni per scegliere i governatori di ben 36 Stati, chiaro che il risultato potrebbe incidere nettamente sugli attuali equilibri politici, fermo restando che le ultime rilevazioni non sono per nulla favorevoli ai Repubblicani.

Cnn: 'Democratici al 55%, Repubblicani al 42%'

Sette americani su dieci, tra quelli intervistati della Cnn, pensano che le elezioni del medio termine siano essenzialmente un giudizio sull'operato di Trump. Secondo il sondaggio della nota emittente, in questo momento i Democratici sarebbero in netto vantaggio con il 55 per cento dei consensi contro il 42 del partito di Trump. Pertanto la maggioranza alle Camere che i Repubblicani hanno conquistato alle ultime elezioni presidenziali, sarebbe seriamente a rischio. C'è chi dice che Donald Trump farebbe bene a comparire poco in giro, visto che la causa di un probabile flop repubblicano è da attribuire alla sua amministrazione. In realtà il miliardario diventato presidente non si è sicuramente risparmiato, tenendo un comizio dopo l'altro e portando all'attenzione di elettori e simpatizzanti i suoi eterni cavalli di battaglia: le guerre commerciali, con la Cina in particolare, la crescita economica e, soprattutto, il suo giro di vite sull'immigrazione.

Lui sottolinea di non essere oggetto di ciò che sceglieranno i cittadini, anche perché il suo nome non figura sulle schede, ma nei suoi vulcanici comizi afferma tutt'altro. "Votare per Marsha è votare per me", ha sottolineato ad esempio nel corso dell'ultimo comizio in Tennessee accanto a Marsha Blackburn, candidata del GOP al Senato.

I candidati che fanno discutere

Ci sono candidati al ruolo di governatore dei vari Stati ed alle Camere che, se eletti, segnerebbero svolte epocali nella politica statunitense. Ad iniziare da Christine Hallquist, prima candidata transgender al governo di uno Stato, nello specifico parliamo del Vermont dove rappresenta i Democratici e sfida il repubblicano Phil Scott, governatore repubblicano uscente.

Ilhan Omar e Rashida Tlaib potrebbero invece diventare le prime donne musulmane elette alla Camera dei rappresentanti, la prima si candida in Minnesota, la seconda in Michigan e per la Tlaib l'elezione è più che probabile. Andre Carson, afroamericano musulmano, siede già alla Camera e si è ricandidato nell'Indiana. Paulette Jordan è invece la candidata democratica alla carica di governatore dell'Idaho, appartiene alla tribù Coeur d'Alene e potrebbe dunque diventare la prima governatrice di etnia nativa americana. Jared Polis è il candidato governatore democratico del Colorado, dichiaratamente omossessuale: in caso di vittoria sarebbe il primo. E, ancora, Stacey Abrams, prima donna afroamericana candidata governatrice che punta allo scranno più alto in Georgia con il Partito Democratico e sfida il repubblicano Brian Kemp.

Afroamericano è anche il sindaco di Tallahasse, Andrew Gillum, candidato governatore della Florida: esponente dei democratici sostenuto apertamente da Bernie Sanders, sarebbe il primo afroamericano a guidare il popoloso Stato. Più tradizionali, e non potrebbe essere altrimenti, le 'batterie' repubblicane. Citiamo per la seconda volta Marsha Blackburn, fedelissima di Trump che, in caso di elezione, saebbe la prima senatrice donna del Tennessee.