Claudio Giua, giornalista e Digital Strategy Advisor per il gruppo GEDI, utilizza il termine ''golpe'' per descrivere la modalità con cui è stata votata la legge di bilancio 2019. Nella lunga giornata che ha visto la Camera pervasa da scontri verbali e tentati scontri fisici, alle opposizioni non è stato dato modo di intervenire sugli emendamenti proposti dall'esecutivo. Né, tanto meno, il Governo ha rinunciato ad avvalersi nuovamente della fiducia. Per questo motivo Giua parla di ''museruola imposta al Parlamento'', mentre il Pd e LeU annunciano di volersi avvalere rispettivamente di un pronunciamento della Consulta e di un incontro con il Capo dello Stato.
Giua: 'Parlare di golpe è giustificato'
Nella sua analisi, pubblicata sull'HuffingtonPost, Giua ricorda che è la Costituzione a regolare e sancire l'iter a cui deve essere sottoposto ogni disegno di legge. I ddl devono essere esaminati da una Commissione e dalla Camera, con votazione articolo per articolo e, in seguito, con votazione finale. Ciononostante, osserva il giornalista, in occasione della legge di Bilancio ''né il Senato né la Camera sono stati messi in condizione di esaminare, discutere, eventualmente emendare i provvedimenti proposti dal governo per l'esercizio 2019. Il Movimento 5 Stelle e la Lega hanno impedito alle minoranze di fare il proprio lavoro''. Questa azione, per Giua, è talmente grave da definire l'attuale governo come un ''triumvirato che ha imposto la museruola al Parlamento'', fino a trasformarsi in un colpo di Stato.
''Parlare di golpe è giustificato se si abbatte consapevolmente la separazione tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario'' spiega il giornalista, che dunque pare abbastanza certo del fatto che la Consulta interverrà sulla questione. Allo stesso tempo, richiama alla memoria alcune dichiarazioni di Davide Casaleggio in merito al ''superamento della democrazia rappresentativa'', frase interpretata dal giornalista come ''una dichiarazione di morte anticipata del Parlamento''.
La conclusione dell'articolo, infine, è ancora più pessimista. Quando gli elettori, forse, ''apriranno gli occhi'' riguardo agli effetti della manovra, ''potrebbe essere troppo tardi''.
Pd si appella alla Consulta, LeU al Quirinale
Nel frattempo, tra le opposizioni, anche se non si parla di colpo di Stato si manifesta comunque un'omogenea condanna per i modi in cui il Parlamento è stato chiamato ad esprimersi.
Per quanto riguarda la Consulta, Claudio Giua non è l'unico ad augurarsi un suo pronunciamento. Cinquantadue senatori del Partito Democratico hanno depositato alla Corte Costituzionale un ricorso contro l'iter della manovra, sollevando gli stessi punti critici sopraelencati. A far da relatrice sarà la vicepresidente Marta Cartabia, dopo che la Camera di consiglio avrà dichiarato ammissibile la causa il 9 gennaio del prossimo anno. Stando al dem Andrea Marcucci, inoltre, dietro agli impedimenti ci sarebbe stata ''la volontà precisa di impedire di conoscere cosa si stesse votando'', mentre il deputato Stefano Ceccanti ha messo in risalto gli articoli 72 e 134 della Costituzione (il primo sarebbe quello violato dall'esecutivo, mentre il secondo quello che garantisce il diritto al ricorso).
Un po' più a sinistra, Liberi e Uguali ha dichiarato di volersi appellare al Quirinale, chiedendo un confronto con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Sul sito di MDP (fazione della lista LeU), la situazione viene considerata ''gravissima'' e ''inaudita'' da parte dei capigruppo Federico Fornaro e Loredana De Petris. ''La legge di bilancio è stata approvata con la fiducia e di fatto a scatola chiusa, senza che la commissione di Bilancio e l'aula avessero alcuna possibilità anche solo di leggerla e tanto meno di emendarla'' affermano in una nota congiunta, incentrando la critica sul metodo ancor più che sul merito.