Pur non avendo mai risparmiato critiche al M5S quando lo riteneva necessario, Marco Travaglio non era mai stato così duro con i pentastellati. Nel suo ultimo editoriale, infatti, il direttore del Fatto Quotidiano, parlando della prossima decisione sull’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini per il caso Diciotti, si scaglia decisamente contro la scelta di scaricare sugli attivisti, attraverso il voto sulla piattaforma Rousseau, la deliberazione di mandare o no l’alleato leghista a processo per sequestro di persona. Una soluzione, quella di fare ricorso a Rousseau, che Travaglio non condivide assolutamente.
L’editoriale di Marco Travaglio: ‘Mai dire Rousseau’
Nell’editoriale pubblicato dal Fatto Quotidiano sabato 16 febbraio, il direttore Marco Travaglio ricostruisce le ultime ore del cosiddetto caso Diciotti. Travaglio conferma la decisione del M5S di affidare agli iscritti alla piattaforma Rousseau la scelta di far processare o meno dai giudici di Catania il ministro dell’Interno Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona. Votazione che il giornalista considera già “una notizia”, visto che fino a qualche mese fa i grillini non si sarebbero nemmeno posti il problema di ‘salvare’ dal processo un ministro indagato per un reato così grave, ma ne avrebbe chiesto le immediate dimissioni. Certo, anche lui ritiene esagerata una richiesta di dimissioni, visto che sui migranti le scelte del governo gialloverde sono state collegiali e politiche.
Ma il fatto che i vertici pentastellati abbiano deciso di scaricare la responsabilità della scelta sugli iscritti, vuol dire che “non sanno che pesci pigliare”.
‘Il M5S è in crisi di identità’
Insomma, prosegue Marco Travaglio nella sua spietata disamina, una situazione “preoccupante” per il M5S, nato apposta per opporsi ai privilegi della “casta” e ora finito in una “crisi di identità”.
Il giornalista fa notare il “controsenso” insito nel fatto che, mentre Conte, Toninelli e Di Maio si sono detti disposti a farsi processare con Salvini, il Movimento pensa di difendere l’alleato “dal processo” e non “nel processo”. I 5 Stelle, prosegue nel suo j’accuse Travaglio, non sarebbero rimasti “coerenti con i propri valori fondativi” perdendo “la testa, la calma e la compattezza”.
Il leader Di Maio, poi, è rimasto ammutolito da alcuni giorni sulla questione. Il direttore del Fatto, al contrario, è favorevole a dire sì al processo, come dovrebbe esserlo qualsiasi “persona perbene” come si sono sempre professati i militanti del M5S. Travaglio, infine, si permette pure di questionare sul contenuto della domanda che verrà posta agli iscritti a Rousseau che, a suo dire, non dovrà essere tendenziosa, ma essere come lui stesso la suggerisce.