La situazione libica preoccupa i fronti internazionali. Conte ribadisce la linea pacifica dell'Italia. Resta sulla linea italiana anche la Germania. Intanto il premier, nonostante abbia sentito una delegazione di Haftar, si dice molto preoccupato per una nuova crisi umanitaria e migratoria, come anche per una risoluzione armata che potrebbe portare a una Libia bis. Più o meno le stesse preoccupazioni le dichiara il ministro della difesa Trenta al Corriere della Sera.

Conte e Merkel sulla stessa linea

Il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha incontrato una delegazione del generale, ovvero, l'uomo forte della Cirenaica Khalifa Haftar, che è a capo dell'altro fronte autoritario in Libia.

Il generale da tempo persegue nella sua avanzata verso Tripoli, il suo Esercito Nazionale libico (Lna)è attualmente in guerra contro il governo riconosciuto a livello internazionale, dall'Onu, di Fayez al-Sarraj. Nella mediazione con Haftar il primo ministro italiano sottoscrive la linea della risoluzione pacifica già sottolineata in questi giorni dal nostro governo. Una linea che ribadisce «la ferma opposizione a una deriva militare che farebbe ulteriormente soffrire il popolo libico». La linea italiana trova congiunzione con quella tedesca, in particolare con quella di Angela Merkel. A riferirlo a Il Fatto Quotidiano è lo stesso Conte «anche lei è molto preoccupata e condivide la nostra linea, lavoreremo insieme per perseguire in ambito europeo una linea comune ed evitare che si proceda in modo disordinato».

Nonostante trapeli disappunto per l'azione militare condotta da Haftar, Conte afferma che l'Italia non è schierata con nessuno dei fronti che si impegnati nella battaglia: l'unica attenzione, ci dice ancora il premier, è rivolta «sulla volontà del popolo libico di vivere in pace e godere delle risorse del proprio territorio».

L'auspicio del premier è che il dialogo resti aperto per una soluzione Politica. Ma nella lettera ricevuta da Haftar, il generale espone le sue intenzioni di liberare la Libia dai terroristi che la deturpano politicamente. Il premier annuncia, comunque, di aver convocato un gabinetto con l'obiettivo di tenere aggiornati tutti i ministeri competenti sull'evolversi della situazione degli scontri che, ormai, si stanno svolgendo nei dintorni della capitale.

Un gabinetto che sarà in attività fino a quando la crisi libica non sarà rientrata. In questa struttura, dunque, si dovrà operare una gestione coordinata del dossier. Per di più il primo ministro ci tiene a segnalare la forte cooperazione diplomatica tra Palazzo Chigi, gli USA, la Francia e gli altri principali attori internazionali.

Pericoli in previsione di una nuova crisi umanitaria

Dal canto suo Conte sostiene che l'azione militare che tiene la Libia in uno stato di guerra civile non farà di certo bene al paese, che anzi lo trasformerebbe da un paese di transito a un paese di partenze. E questa trasformazione darebbe un duro colpo al sistema d'accoglienza europeo, già traballante di per sé, in questo periodo storico.

Alla situazione di disagio europea, ovviamente, si aggiungerebbe quella libica. Il paese è messo a dura prova da una condizione di instabilità che ormai perdura da otto anni. Il rischio, dunque, è quello che l'incrementare della crisi umanitaria porterebbe allo sfinimento una popolazione già da troppo tempo con le spalle al muro.

Già ieri il numero degli sfollati in Libia raggiungeva quasi i 10000. La previsione sulla possibilità di una nuova crisi migratoria è più che lecita. Se la guerra civile persiste a durare «la Libia diventerebbe un Paese di partenza delle migrazioni – specifica il massimo esponente dell’esecutivo gialloverde – questo metterebbe a dura prova un sistema di accoglienza che non funziona ancora a livello europeo».

L'esclusione di un intervento militare su territorio libico è ribadito anche dal ministro della Difesa Elisabetta Trenta, la quale dichiara al Corriere della Sera: «Se qualcuno pensa a un intervento militare in Libia – afferma – posso già dire che non esiste. Non saranno ripetuti gli errori del passato. E non sosterremo alcun ipotetico impegno di altri Paesi. Questo deve essere molto chiaro». Anche la ministra, dunque, esclude una "Libia bis", nonostante garantisce sulla preservazione degli interessi italiani in Libia e sulle forze militari italiane operanti a Misurata.