In attesa del Consiglio dei ministri previsto per questa sera, che vedrà il varo del nuovo decreto terremoto e l'esame del pacchetto del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sul carcere ai grandi evasori, la maggioranza continua imperterrita a battagliare sui punti contenuti all'interno della manovra. Nella fattispecie, i litigi hanno finito per collocare quasi agli estremi opposti chi nel precedente governo gialloverde mostrava un'affiatamento particolare. Ebbene sì, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri e il capo politico del Movimento Cinque Stelle Luigi Di Maio hanno intavolato un aspro dibattito - a distanza - per via di una diversità di vedute che sembra non riesca a colmarsi.

Il punto della situazione

Dopo il varo della manovra, nel momento successivo alla spedizione del documento programmatico della legge di Bilancio alla Commissione Europea a Bruxelles, tanto Luigi Di Maio quanto Matteo Renzi hanno preso piena consapevolezza dell'impopolarità di una tale manovra per l'Italia. Ad essere particolarmente colpite sono le partite Iva, peraltro già afflitte da altri provvedimenti quali il tetto al contante, l'obbligo del Pos e il ritorno al regime analitico inferiore ai 65mila euro.

Accorgendosi, a questo punto, di un presunto asse tra il Premier e il Partito Democratico, rimproverato dal Movimento Cinque Stelle, che sembrerebbe essere il punto di riferimento di Conte - nonostante in varie dichiarazioni abbia respinto qualsiasi ipotesi di appartenenza a un partito particolare - si è deciso di passare all'attacco.

La posizione del Movimento Cinque Stelle

I grillini tengono duro circa la necessità di colpire i grandi evasori e di evitare la doppia sanzione sui Pos a discapito degli artigiani e dei commercianti, a meno che non si accompagni con un abbassamento o un azzeramento delle commissioni bancarie. La critica di Di Maio non risparmia neppure la riduzione del tetto del contante da 3mila a 2mila euro per il prossimo biennio, fino a mille euro nel 2022.

Ciò che viene strenuamente difeso, oltre a Quota 100, è il regime forfettario di tassazione per le partite Iva sotto i 65mila euro di ricavi annui, che andrebbero a gravare sui giovani professionisti. Pertanto l'ipotesi è di lasciare il regime forfettario fino a 30mila euro.

E Renzi?

Sul fronte opposto, il leader di Italia Viva Matteo Renzi continua a chiedere insistentemente l'abrogazione di Quota 100, denunciata come spot puramente salviniano che finge di aver risolto il problema di pensionandi e pensionati.

Sugar tax e incremento delle imposte sugli affitti sociali (l'aliquota dal 10 al 12,5%) sono altresì duramente contestate, così come ad essere fermamente respinte sono tanti altri micro-balzelli ipotizzati negli ultimi giorni. D'altronde, come ha affermato anche la fedelissima Maria Elena Boschi "Non siamo il partito delle tasse".

L'allineamento di Conte e del Partito Democratico

A trovarsi in una posizione di equilibrio - per così dire - sono il Premier Conte e il Partito Democratico. Il primo promette di non rinunciare a Quota 100 - poiché pilastro della manovra - e il secondo che retrocede per lasciar spazio allo scontro tra grillini e renziani. Quanto all'obbligo del Pos e alle sanzioni, alcune fonti governative chiariscono che i due tasselli si compensano vicendevolmente: non si può introdurre l'utilizzo obbligatorio del Pos senza prevedere sanzione alcuna e senza la penalizzazione del 4% del valore delle commissioni. L'introduzione di un'imposta sulle bevande zuccherate sembra invece incontrovertibile, per un valore di circa 250 milioni annui.