Il popolo continua a scendere in piazza in Iraq per chiede a gran voce che il governo si dimetta e annunci elezioni anticipate: i manifestanti si fanno uccidere dai proiettili, piuttosto che mollare o cedere a quelle che reputano false promesse da parte del presidente Barham Saleh e dai leader dei principali partiti. La polizia spara sui manifestanti, usa i gas lacrimogeni, eppure i dimostranti non si fermano, conquistano punti strategici della città e chiedono le dimissioni del presidente e di tutto il governo in carica.
Scorre il sangue su Baghdad, scontri accesi tra polizia e manifestanti
Gli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine negli ultimi giorni si sono intensificati: sono scontri a base di gas lacrimogeno, lanciati dalla sicurezza irachena per impedire ai manifestanti l'accesso alla banca centrale. Sono scontri che vedono pneumatici incendiati da parte dei manifestanti davanti a vari uffici pubblici, scontri in cui sono anche partiti colpi da arma da fuoco. Fonti della sicurezza e ospedaliere hanno riferito che la polizia avrebbe sparato sulle persone, nella folla di manifestanti.
Una rivolta che non si placa e che, secondo i numeri del bilancio della repressione poliziesca, ha già fatto trecento morti dal momento in cui è iniziata, cioè da ottobre.
Mentre negli scontri dei giorni scorsi nel sud, tra Bassora e Nassiriya, ci sarebbero stati almeno quattro morti.
I manifestanti conquistano punti strategici e rimandano al mittente le promesse del governo
A fermare le forze anti-governative non è servito nemmeno la stesura di un nuovo documento da parte dell'attuale governo, nel quale si chiedeva un mese e mezzo di tempo ai manifestanti per adempiere ad alcune promesse e richieste.
La protesta, in questi giorni, ha fatto guadagnare ben tre ponti ai dimostranti, una conquista importante, visto che sono i tre ponti che permettono l'accesso alla zona verde dei palazzi governativi. Le forze anti-governative hanno bloccato anche il porto strategico di Umm Qasr e chiuso alcune scuole. Del resto, nel sud dell'Iraq, zona a prevalenza rurale, sono gli stessi insegnanti e studenti che guidano la protesta
Un aneddoto fornisce un quadro più perspicuo della situazione e anche della tenacia delle persone che portano avanti la protesta: alla domanda "Quanto avete intenzione di restare ancora in piazza?", rivolta ad alcuni manifestanti, da parte del giornalista iracheno Zuhair al Jezairy , tra le risposte dei manifestanti c'è chi ha riferito più che mai deciso "Pensano che lasceremo la piazza nei prossimi giorni quando arriverà il freddo, per fortuna abbiamo cinque camion carichi di coperte per l’inverno".