Alfonso Bonafede nella bufera Politica. Il Senato è chiamato ad esprimersi su due mozioni di sfiducia, presentate contro il ministro della Giustizia dal centrodestra e dal partito +Europa di Emma Bonino. La prima imputa al Guardasigilli la responsabilità della scarcerazione di centinaia di boss mafiosi con la scusa dell’emergenza coronavirus. La seconda, al contrario, punta il dito contro Bonafede per il motivo esattamente opposto: il sovraffollamento carcerario. Fatto sta che, durante le dichiarazioni di voto a Palazzo Madama, Lega, Bonino e il senatore Gianluigi Paragone confermano la sfiducia al ministro.
Le parole di Emma Bonino contro Bonafede
La leader Radicale Emma Bonino si dimostra durissima con Bonafede, chiedendone le dimissioni con la motivazione che rappresenti la “cultura del sospetto”. Insomma, l’esponente del M5s, invece di rappresentare un “rimedio” per la “malattia” della giustizia, ne sarebbe un “sintomo”. Malattia che potrebbe diventare “cronica” se il Guardasigilli dovesse decidere di non sloggiare dagli uffici di via Arenula. Per concludere, la Bonino afferma di considerare la giustizia una “istituzione di garanzia di tutti i cittadini e non uno strumento di lotta politica o di moralizzazione civile”.
La posizione della Lega
Se Emma Bonino non usa mezzi termini per rendere nota tutta la sua opposizione alla permanenza di Bonafede nel ruolo di ministro della Giustizia, la Lega di Matteo Salvini non è certo da meno.
Il senatore leghista Pasquale Pepe, durante il suo discorso nell’aula di Palazzo Madama, bolla il pentastellato come il “ministro delle scarcerazioni allegre” che, inoltre, non sarebbe stato capace di fronteggiare le rivolte carcerarie scoppiate a causa della paura del coronavirus. Insomma, conclude Lupo rivolto a Bonafede: “Lei ha scritto la pagina più buia della realtà carceraria italiana”.
Gianluigi Paragone boccia Bonafede
Ad aggiungersi al coro dei favorevoli alla mozione di sfiducia contro Bonafede ci si mette anche Gianluigi Paragone. Il senatore ex M5S, ora nel Gruppo Misto, si schiera “senza se e senza ma” dalla parte di Nino Di Matteo (il magistrato siciliano prima designato alla guida del Dap e poi messo da parte senza un apparente motivo ndr).
“Lei ha tradito un simbolo della lotta antimafia - lo accusa Pragone - ancora oggi non è chiaro perché di Matteo non è andato al Dap. Non ho capito come il ministro riesca a sopportare la conferma di Descalzi alla guida di Eni, imputato per quella che secondo la procura di Milano è una maxi tangente. Quale è il suo senso di giustizia? Io sicuramente non le confermerò la fiducia”, conclude.