Il magistrato siciliano Nino Di Matteo è stato intervistato da Massimo Giletti durante l’ultima puntata stagionale di Non è l’Arena. Di Matteo non è stato presente nello studio di La7 nella serata di domenica 14 giugno, ma ha rilasciato una lunga interista al conduttore.
Tra i vari spezzoni della chiacchierata informale avuta con il magistrato che ha indagato sulla trattativa Stato-mafia, Giletti ne mostra uno in cui Di Matteo ricorda l’episodio di quando il collega Luca Palamara (protagonista del caso intercettazioni, ndr) prima si sarebbe lamentato della sua presenza nel gruppo stragi della procura nazionale Antimafia, e poi, dopo la sua estromissione, avrebbe accolto "la notizia con molta soddisfazione”.
Nino Di Matteo intervistato da Massimo Giletti
“Di Matteo era un’icona del M5s. Va in televisione ad Atlantide, da Andrea Purgatori (giornalista di La7 ndr), e dopo l’intervista succede una cosa incredibile”, così Massimo Giletti presenta la parte della sua intervista a Di Matteo in cui salta fuori il nome di Luca Palamara. “Quando andò da Purgatori lo scorso anno, più o meno in questo periodo, di lunedì, lei faceva parte della commissione stragi che doveva indagare su questioni delicatissime di questo Paese - domanda Giletti a Di Matteo - al di là del fatto in sé (si riferisce all’indagine sulla trattativa Stato-mafia ndr), delle connessioni politiche e istituzionali che magari ci potevano essere dietro a una strage, riceve due giorni una mail e viene mandato praticamente a casa”.
La versione di Di Matteo sulla propria estromissione dal gruppo stragi
“In quella intervista (Di Matteo si riferisce all’intervista a Purgatori, ndr), in occasione dell’anniversario della strage di Capaci, io mi limitai a ricostruire tutta una serie di elementi, consacrati in sentenze definitive o comunque ampiamente pubblici, perché processualmente depositati e a disposizione delle parti, che messi insieme gli uni agli altri spiegavano perché la procura nazionale Antimafia aveva sentito il dovere di continuare ad approfondire il tema di una eventuale partecipazione di soggetti non mafiosi al concepimento, all’organizzazione e all’esecuzione della strage di Capaci”, spiega le sue ragioni il magistrato.
Il magistrato siciliano fa il nome di Palamara
“Non ho rivelato assolutamente nulla di segreto - si difende Di Matteo prima di attaccare - non ho anticipato nessuna attività investigativa che avremmo potuto fare in futuro. Sono stato estromesso dal gruppo stragi. Ho poi verificato dagli atti delle indagini di Perugia che il dottor Palamara, prima che avvenisse questa esclusione, si era lamentato del fatto che io facessi parte di questo gruppo stragi ed entità esterne.
E, nel momento in cui venne resa nota la mia estromissione, accolse la notizia con molta soddisfazione. Non devo essere io a dire cosa penso”.
Giletti gli domanda se si sia chiesto il perché di quella esclusione, ma Di Matteo si schermisce. “Io non le posso dire quello che penso perché…”, dice, ma il conduttore lo interrompe: “Perché altrimenti dopo questa trasmissione chi sa che cosa succede”. Il magistrato racconta la propria amarezza per quell’episodio e chiude ricordando Paolo Borsellino e Giovanni Falcone: “Noi in questo Paese abbiamo bisogno di memoria”.