Più il virus si diffonde, più muta. È una delle lezioni di virologia che, loro malgrado, le persone stanno imparando sulla base di quanto sta accadendo nel modo. C'è un po' di timore rispetto al fatto che l'emergere delle nuove varianti possa in qualche modo rendere inefficace la più grande arma che, in questo momento, l'umanità ha a disposizione contro il Coronavirus. Ogni variante ha acquisito un nome che riconduce al luogo in cui è stata isolata. Ad oggi quelle più in vista a livello mediatico sembrano essere quella britannica e quella sudafricana.

Vaccino Covid: il ruolo delle varianti

A offrire un quadro della situazione è stato Marco Cavalieri, responsabile vaccini dell'Ema, a Repubblica. L'Agenzia Europea del Farmaco, come è noto, si occupa dell'approvazione degli stessi vaccini.

"I primi dati - ha affermato - sulla variante inglese ci dicono che non impatta sul vaccino, mentre c'è qualche preoccupazione sulla variante brasiliana e sudafricana".

Nelle sue parole trovano quindi conferma i primi pareri scientifici secondo cui il virus britannico offra quadri patologici simili al Sars-Cov2 classico, continui a essere superato con il vaccino e la cui unica particolarità sarebbe forse un grado di diffusione più alto.

C'è, invece, da attendere per sapere qualcosa in più sulle varianti brasiliana e sudafricana.

"Stiamo aspettando - ha detto Cavaleri - gli studi per verificare se queste due varianti come temuto, incidano sul vaccino ed eventualmente in quale misura".

Coronavirus, i vaccini di nuova generazione aiuteranno contro le varianti

Tra i pregi che sono stati riconosciuti ai vaccini a mRNa c'è la possibilità che in poco tempo possano essere modificati, tarati su una mutazione del virus e validati.

In sostanza anche nel destino peggiore in cui le nuove mutazioni fossero resistenti al virus, potrebbero bastare poco tempo (probabilmente settimane) per mettere a punto un nuovo vaccino. E proprio sulla possibilità di effettuare le modifiche citate è stato chiamato Cavaleri: "Ci stiamo già lavorando per snellire le procedure di una eventuale seconda approvazione mentre dal punto di vista tecnico Pfizer parla di 6-8 settimane".

L'altro punto su cui dibatte è la possibile percentuale affinché si giunga all'immunità di gregge. "Non sappiamo - ha ammesso Cavaleri - ancora quale sarà la percentuale di immunizzati per raggiungerla, in quanto ci sono diverse variabili. Ma più vacciniamo, più blocchiamo la circolazione del virus e la sua capacità di mutare".

Parole che si allineano a quelle di altri scienziati che, negli ultimi giorni, hanno fatto capire che il modo migliore per ostacolare l'eventuale azione di qualche mutazione sfavorevole è vaccinare quanta più gente nel più breve tempo possibile.