Dopo le forti tensioni alla Camera di ieri, la discussione sul Manifesto di Ventotene è esplosa questo giovedì anche in Senato, dove il confronto tra maggioranza e opposizione si è acceso ancora di più. Il discorso pronunciato dalla Premier Giorgia Meloni ha spaccato la Politica, con l’opposizione che ha accusato la Presidente del Consiglio di aver distorto il significato del Manifesto, mentre il centrodestra ha rivendicato il diritto di criticarne alcuni aspetti.

La capogruppo di Italia Viva, Raffaella Paita, ha definito "grave e vergognoso" estrapolare solo alcune parti del Manifesto scritto da persone confinate per le loro idee.

Le sue parole hanno immediatamente scatenato la reazione della maggioranza, costringendo la vicepresidente del Senato Licia Ronzulli (FI) a intervenire per riportare l’ordine, invitando i senatori a mantenere la calma.

Le posizioni opposte su Ventotene

L’intervento della senatrice Paita è stato seguito da quello di Tito Magni (Avs), che ha voluto sottolineare l’importanza del Manifesto per l’identità democratica italiana ed europea. Per lui, chi non si riconosce in quei valori, "non riconosce la Costituzione italiana". A rincarare la dose è stato il senatore del PD, Dario Parrini, secondo cui le parole della Premier hanno tentato di ridicolizzare la figura di Spinelli, Rossi e Colorni, dimenticando che questi ultimi furono perseguitati dai fascisti e che Colorni venne assassinato dalla banda Koch.

Di fronte a queste accuse, la maggioranza ha risposto in maniera altrettanto decisa. Il senatore Claudio Borghi (Lega) ha definito il Manifesto "tra i più orribilmente antidemocratici", invitando a leggerlo nella sua interezza. Per lui, il fatto che fosse stato scritto al confino non lo rende esente da critiche. Una dichiarazione che ha provocato indignazione tra i banchi dell’opposizione, costringendo nuovamente la vicepresidente Ronzulli a intervenire per placare la bagarre in aula.

Anche Maurizio Gasparri (FI) ha ribadito la necessità di poter discutere liberamente del Manifesto, sottolineando che la democrazia permette di esprimere opinioni diverse senza per forza accettare ogni punto di un testo storico. Lucio Malan (FdI), invece, ha ricordato che il contesto in cui fu scritto il Manifesto non lo rende automaticamente un dogma intoccabile, ribadendo il diritto della Premier a dissociarsi da alcune idee contenute nel documento.

Dallo scontro in aula al dibattito nel Paese

La tensione politica su Ventotene ha ormai travalicato i confini del Parlamento, diventando un tema di discussione anche nell’opinione pubblica. Il senatore del M5S, Stefano Patuanelli, ha sottolineato come l’intera polemica sia stata un’operazione voluta dalla Premier per distogliere l’attenzione dalle vere questioni politiche del Paese.

D’altro canto, il centrodestra ha insistito sulla libertà di dissociarsi da un testo storico, senza doverlo per forza accettare nella sua interezza. Per Maurizio Gasparri, così come si possono discutere le tesi di Gramsci o di Gentile, è legittimo anche criticare parti del Manifesto di Ventotene.

Una battaglia politica destinata a continuare

Il dibattito acceso sul Manifesto di Ventotene non sembra destinato a spegnersi. Per l’opposizione, la presa di distanza della Premier da alcuni concetti del testo è un segnale preoccupante sul piano ideologico. Per la maggioranza, invece, si tratta di un diritto di opinione che non può essere negato.