Non si ferma la protesta per lo sgombero di giovedì scorso al Centro sociale Corto Circuito di #Cinecittà. Un'operazione che aveva visto circa 200 uomini delle forze dell'ordine in assetto antisommossa e con mezzi blindati per eseguire tre ordinanze del tribunale. E la risposta degli attivisti non si è fatta attendere, nonostante già la sera stessa dello sgombero siano riusciti a rientrare nell'area.
La manifestazione
Per domani, giovedì 20 ottobre, a sette giorni di distanza attivisti, centri sociali e semplici cittadini si ritroveranno davanti alla fermata della #metro B al #Colosseo a partire dalle 16:30 per protestare contro l'inerzia dell'amministrazione capitolina, proprietaria dell'area.
L'obiettivo è quello di chiedere alla sindaca #Raggi un incontro in cui il Comune di Roma si impegna a regolarizzare la situazione e ripristinare la regolarità della situazione.
Secondo quanto si apprende infatti gli attivisti del #CortoCircuito contestano con forza le accuse di "gravi abusi", soprattutto quelli legati alla ricostruzione di un padiglione (adesso sotto sequestro) per il quale era stato chiesto nel 2014, con un progetto depositato, il via libera ai lavori e considerato un esempio di bio edilizia. La mancata risposta da parte dell'amministrazione alla domanda potrebbe infatti aver fatto scattare il cosiddetto "silenzio assenso". Inoltre a complicare le cose il fatto che il reale custode dell'area è il #Campidoglio.
La delibera 140
Il punto centrale però rimane sempre il futuro di associazioni e centri sociali. Su molti di loro, che operano all'interno di spazi di proprietà comunale, pende come una spada la famosa delibera 140 inerente l'utilizzo degli spazi pubblici. All'orizzonte sgomberi e sfratti per molte realtà che nel tempo hanno offerto servizi, punti di ritrovo e socializzazione, sostituendosi il più delle volte, come nel caso dei centri anti violenza, all'assenza delle istituzioni.
Gli sgomberi di Baobab, Scup, Point Breack hanno posto con forza il problema dello sfruttamento degli spazi abbandonati. Una questione su cui è partita da mesi la mobilitazione e che ha visto circa due settimane fa una grande assemblea in Campidoglio sotto lo slogan "Roma non si vende".