Da sempre molti studiosi hanno rivolto le loro attenzioni al comportamento dei neonati che è stato frequentemente analizzato fin dai primi mesi di gestazione. Una delle ultime ricerche condotte da un gruppo di scienziati ha evidenziato come fin da piccolissimi i neonati siano in grado di riconoscere la lingua della madre e, di conseguenza, comprendere se un’altra persona si stia esprimendo nello stesso linguaggio oppure no.

Lo studio, che verrà pubblicato a breve sulla rivista Acta Pediatrica, è stato svolto da un gruppo di svedesi che hanno analizzato le reazioni di 40 bambini nati a Tacoma o Stoccolma collegando il loro succhiotto ad un computer che registrava le loro reazioni nel sentire parlare diverse persone.

I dati raccolti hanno dimostrato come i neonati succhiavano il ciuccio con maggiore vigore se le persone intorno a loro parlavano la stessa lingua della madre mentre l’intensità si affievoliva se nell’ambiente circostante gli idiomi erano prevalentemente stranieri.

Quanto detto sopra è possibile in quanto fin dalla trentesima settimana di gestazione i feti sono in grado di riconoscere la lingua della madre e quindi, una volta venuti al mondo, posseggono la capacità di distinguere se un individuo è dello stesso ceppo linguistico dei genitori oppure no. Questa scoperta conferma ancora una volta come sia molto più agevole imparare nuovi linguaggi in età giovanile, fino ai 5 anni, mentre con l’avanzare dell’età la cosa diventa sempre più complicata tanto che ogni tentativo di usare l’idioma come madrelingua sarà sicuramente destinato al fallimento.

Si potranno raggiungere ottimi livelli ma non ci sarà mai la possibilità di maneggiare la nuova lingua come quella originale.

Uno degli studi più precisi a riguardo è stato quello eseguito dalla Professoressa Alice Mado Proverbio che nel 2008 ha eseguito un’analisi su 15 soggetti che si riteneva parlassero l’inglese in maniera quasi perfetta, praticamente come madrelingua. Mentre i ricercatori monitoravano l’attività cerebrale le persone sono state messe alla prova con alcuni termini stranieri e le reazioni del cervello sono state profondamente diverse rispetto a quelle con parole pronunciate in italiano in quanto l’intensità del segnale rilevato nella parte anteriore sinistra del cervello è stata nel primo caso decisamente inferiore rispetto al secondo.

Alla luce di queste considerazioni quello che si può consigliare ai genitori che vogliono insegnare una seconda lingua ai loro figli è di farlo quando sono ancora in tenera età non mancando i corsi adatti allo scopo. In questo modo non solo l’apprendimento sarà facilitato ma l’utilizzo del nuovo idioma sarà certamente facilitato e maggiormente comprensibile.