Che lo stress non faccia bene al nostro equilibrio psico-fisico, è esperienza che ognuno sperimenta quotidianamente su se stesso. E che le condizioni di stress non mancano ma anzi tendono ad aumentare, è anche questo un punto ampiamente condivisibile. Uno studio australiano, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Comm., ha evidenziato, su animali da laboratorio (topi), una correlazione tra una condizione di stress e la formazione/diffusione di metastasi tumorali.

Lo studio australiano

Un team di ricercatori della Monash University di Victoria, in Australia, ha voluto studiare il rapporto tra una condizione di stress e lo sviluppo delle metastasi che, come è noto, è la principale causa di morte per questa malattia.

Erica Sloan e Caroline Le, due ricercatori che hanno guidato questo team, hanno sottoposto delle cavie a un periodo prolungato di stress, facendole vivere in una condizione di insicurezza (cibo non assicurato regolarmente, ambiente e condizioni ambientali che cambiano continuamente, isolamento forzato dal gruppo o mantenuti in condizioni di sovraffollamento, ecc.) che poi sono quelle che percepiscono molti umani nella loro vita quotidiana.

Lo studio è stato fatto su due gruppi di animali, ad entrambi hanno inoculati dei virus oncogeni ma uno mantenuto in condizioni normali e l’altro in condizioni di stress. Il secondo gruppo ha sviluppato un numero maggiore di metastasi rispetto al primo. Andando ad analizzare le cause di questo fenomeno, si è osservato che l’adrenalina, liberata da una condizione di stress prolungata, andava ad aumentare le dimensioni dei vasi linfatici che circondano il tumore: in pratica aprivano una strada di fuga per le cellule che dal tumore “primario” migravano verso altri tessuti distanti (metastasi).

Questo vuol dire che trattando pazienti oncologici con farmaci anti-stress già in commercio, è possibile ridurre la diffusione delle metastasi. Uno studio clinico è già in corso su donne con cancro al seno e i primi risultati sembrano confermare questa ipotesi.

Il punto di vista del Prof. Luigi Grassi

Prudenza, molta prudenza viene suggerita dal presidente onorario della Società Italiana di Psiconcologia e direttore della Clinica Psichiatrica all’Università di Ferrara, Luigi Grassi.

“Da moltissimi anni pazienti e scienziati si interrogano sul ruolo che lo stress potrebbe avere nel causare un tumore o nel favorire la sua progressione” – spiega Grassi – “Sono stati condotti numerosi studi scientifici che hanno portato a risultati simili a questi ultimi nelle cavie, ma per quanto riguarda gli esseri umani non esistono ancora prove che dimostrino l’esistenza di un legame”.

Pertanto, è “azzardato trasferire tout-court risultati ottenuti in cavie sull’uomo, perché lo stress non rappresenta di per sé un fattore oncogeno, ovvero capace di indurre da solo una proliferazione tumorale maligna.

Conosciamo bene diversi elementi che provocano il cancro nell’uomo”. Continua Grassi, “come la genetica, i fattori ambientali, abitudini scorrette (fumo, dieta non equilibrata, sovrappeso, sedentarietà), ad esempio. Infine, per essere certi che esista una relazione di causa-effetto, sarebbe necessaria una maggiore specificità nello studio dei rapporti tra cancro (quale tipo di cancro) e stress (quali tipi di stress)”.

Infine c’è la risposta emozionale e l’elaborazione psicologica che, in un paziente oncologico, a differenza degli animali, può essere complessa e portare ad un indebolimento delle difese psichiche”.