L’aspettativa di vita in Italia, secondo i dati del 2015, cala per la prima volta nel dopoguerra. E’ il risultato delle 54milamorti in più avvenute l’anno scorso e rese note dall’Istat poco tempo fa. Questo dato così sorprendente paragonabile a ciò che avvenne durate la prima guerra mondiale da noi o in Russia dopo la caduta del socialismo reale è stato preso in esame dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, che con il suo rapporto annuale Osservasalute 2015, il più importante osservatorio sulla Salute degli italiani, riporta tutti i dati dell’anno passato.
Sempre più vecchi
Siamo sempre più vecchi, con un boom di ultracentenari che diventano il triplo (19 mila) rispetto a dodici anni fa, ma la nostra speranza di vita cala, per gli uomini da 80,3 anni del 2014 a 80,1 del 2015 e per le donne sotto gli 85 anni che erano stati raggiunti, a 84,7.
L’analisi dei 180 ricercatori della “Cattolica” è impietosa, punta il dito sul calo delle prestazioni pubbliche, sia per quanto riguarda i livelli essenziali di assistenza, cioè le prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) dovrebbe erogare a tutti i cittadini per garantire un adeguato stato di salute pubblico, sia per quanto riguarda la prevenzione, vera cenerentola del nostro sistema, che vi stanzia solo il 4,2 % delle sue risorse, mentre il livello fissato nel Patto per la Salute 2010-2012 è pari al 5%.
Questa spesa per la prevenzione è tra le più basse d’Europa.
Mancato ricorso alle vaccinazioni
Si invoca per giustificare l’aumento di mortalità nel 2015 il mancato ricorso degli italiani alle vaccinazioni, sia quelle anti influenzali annuali da parte delle persone anziane (lo ha fatto solo il 45 %), sia quelle obbligatorie dei bambini (nel 2013-2014 non si è raggiunto il livello minimo di copertura del 95 %), dovuto alle false notizie e “leggende metropolitane” sulla nocività di alcuni vaccini che causerebbero gravi malattie, ad esempio l’autismo. Questa disaffezione alle vaccinazioni che pur esiste, però deve essere imputata anche ad una minore spinta alla prevenzione, da parte dei medici del SSN.
La ministra della Salute Beatrice Lorenzin di area cattolica però minimizza i dati forniti proprio dall’Università del Sacro Cuore, dicendo che sono “da verificare” e si giustifica ammettendo la necessità di investimenti nella prevenzione “partendo dai corretti stili di vita”.
Gli italiani cercano di stare in forma
Che gli italiani si diano da fare per la loro salute, lo dimostra il calo dei fumatori (dal 22,8 % degli ultra 14enni del 2010 al 19,5% del 2014) e il calo di coloro che fanno uso di alcool, mentre aumentano coloro che fanno almeno un po’ di attività fisica (28,2 % nel 2014 contro il 27,9 % nel 2013).
Nonostante ciò aumentano gli obesi (il 10,2 % e il 36,2 % sovrappeso nel 2014) soprattutto nelle regioni del Sud.
Questo è infatti ciò che evidenzia Walter Ricciardi, il direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, nonché presidente dell’Istituto superiore di sanità, cioè la disparità dell’aspettativa di vita tra le regioni meridionali e quelle del nord. I cittadini di Campania e Sicilia hanno un’aspettativa di vita di quattro anni in meno rispetto a chi vive nelle Marche o in Trentino. Questo non è certo dovuto alla cattiva volontà dei cittadini del sud, ma alle peggiori condizioni del loro servizio sanitario regionale e alla crisi economica che morde di più in quelle regioni.