Sulla rivistaScienceè da oggi possibile essere spettatori di un nuovo progresso nell'ambito della bioingegneria. Gli esperti del Mit di Boston, infatti, hanno il merito di aver ipotizzato una possibile via per la cura del cancro: l'utilizzo dicellule hackerate,cioè riprogrammate, da sfruttare contro le patologie tumorali.
Se è stato già possibile confermare che il DNA cellulare può essere riscritto ed inserito in una cellula batterica per alterarne il funzionamento, trovare una via per programmare una cellula a rilasciare una certa quantità di farmaco quando incontra cellule tumorali non è poi così assurdo.
"Si tratta di programmare un linguaggio per i batteri (...) proprio come quando si riprogramma un computer".Questa è la metafora utilizzata dal docente di Ingegneria Biologica Christopher Voigt che di recente, insieme ai suoi collaboratori, ha progettato dei sensori, codificati dal DNA cellulare, in grado di rilevare composti differenti come la luce, la temperatura e altri contesti ambientali. Cellule intelligenti, dunque, abili nell'intervenire a seconda della situazione e della necessità.
Il passo successivo sarà quello di assecondare la medesima logica, al fine di progettare cellule in grado di rilevare la presenza di tumori e rilasciare la quantità di farmaco necessaria per combatterli di conseguenza.Questo non è stato l'unico tentativo proposto nell'ambito della bioingegneria - la letteratura in materia riporta 15 anni di studi estremamente complessi al riguardo ed in cui il margine di errore è sempre molto alto - ma la soluzione messa a punto dal Mit sembra essere la più facile rispetto a quelle finora proposte.
Come afferma lo stesso Christopher Voigt: "Funziona anche se non si ha molta esperienza (...) Basta premere un tasto e si realizza una sequenza di DNA".
Le implicazioni di questo studio sono molteplici: potrebbero essere progettati batteri che, vivendo nelle piante, hanno modo di rilasciare una quantità di insetticida necessaria ogniqualvolta vengono attaccati; oppure cellule di lieviti in grado di bloccare il processo di fermentazione.Gli esperti del Mitsi sono detti molto ottimisti riguardo tale via di intervento e noi lo siamo con loro.