Era l’estate 2014 quando il mondo intero entra in allarme per una epidemia scatenata da un virus, quello dell’ebola, che fino ad allora era conosciuto solo perché qualcuno lo aveva studiato sui libri, per qualche esame all’università. E come spesso accade, finché il problema è confinato nei Paesi poveri, nessuno investe in ricerca per trovare una soluzione ma se ad essere minacciati sono i Paesi ricchi allora inizia la sfida a chi prima trova la soluzione, che è sinonimo di business. Ebola è un esempio calzante di questo fenomeno. Adesso arrivano i primi dati su un nuovo vaccino, con esiti assolutamente soddisfacenti.

I risultati dello studio clinico di fase 1

Sono stati pubblicati sull’ultimo numero di Jama (Journal of the American Medical Association), da un team di ricercatori dell'Università di Oxford (Regno Unito), primo nome Matthew Piton,i risultati di un trial clinico, di fase 1, per valutare la tollerabilità e l'immunogenicità di due vaccini contro il virus Ebola. Si tratta di due virus modificati geneticamente, il primo è un adenovirus (Ad26.ZEBOV) mentre il secondo è il virus del vaiolo (MVA-BN-Filo).

Lo studio è stato condotto a Oxford, su 87 persone volontarie, senza la malattia, di età compresa tra i 18 e i 50 anni. In confronto ad un gruppo placebo. Ai volontari, sono stati somministrati i due vaccini, singolarmente o in sequenza, prima l’uno e poi, a distanza di uno-due mesi, l’altro.

Entrambi i vaccino sono risultati ben tollerati ma, Ad26.ZEBOV ha dato una immunizzazione immediata mentre MVA-BN-Filo ha dato una immunità specifica e prolungata. In pratica, servirebbero entrambi i vaccini, l’Ad26.ZEBOV come trattamento iniziale seguito dal secondo per un effetto prolungato nel tempo.

Spiega Piton, “questi vaccini sono stati precedentemente studiati su primati non umani.

Solo con il vaccino Ad26.ZEBOV si è arrivati ad una protezione dal contagio fino al 75%”. Dopo questi risultati, i due vaccini sono candidati alle fase cliniche successive, 2 e poi 3, dove dimostrare anche la loro efficace.

L’ebola, la peste del nuovo millennio

Primo caso nel 1976, fino al 2013 solo pochi casi l’anno, poi il boom nel 2014.

Parliamo del virus Ebola che per un paio di anni ha messo sotto scacco paesi dell’Africa Occidentale come Guinea, Sierra Leone, Liberia e Nigeria. E fatto scattare l’allarme rosso da parte dell’Organizzazione Mondiale delle Sanità (OMS).

Si tratta di una malattia altamente contagiosa, che porta a febbre elevata, mal di gola, dolori muscolari e mal di testa. Il tutto accompagnato da nausea, vomito e diarrea. Seguono alterazioni renali ed epatiche, con emorragie diffuse.

In tutto il mondo scatta la mobilitazione. Quell’anno in Italia due notizie conquistarono le prime pagine di tutti i giornali, la scoperta di un vaccino nel centro di Ricerche IRBM a Pomezia, vicino Roma, e il primo dei due casi di sanitari italiani contagiati, quello del medico volontario di Emergency, Fabrizio Pulvirenti, arrivato all’aeroporto di Pratica di Mare protetto da mezzi di protezione assoluta.

Paziente fortunatamente poi guarito così come anche il secondo paziente italiano,l’infermiere sardo.

In poco più di due anni ci sono stati oltre 28.600 infetti con 11.300 vittime, principalmente in Guinea, Liberia e Sierra leone. A gennaio di quest’anno l’OMS ha dichiarato "cessato allarme" perché nessun nuovo casoera statoregistrato. Troppo ottimisti. A marzo, sempre in Guinea, un nuovo caso. Ma adesso, grazie anche a questi vaccini, c’è da essere meno preoccupati.