Il carbone attivo è una polvere di colore nero carbone, appunto, che può essere aggiunto agli alimenti con finalità benefiche. Lo si ottiene per combustione, detta “pirolisi” ovvero in assenza di ossigeno, ad altissime temperature (oltre 600°C), di materiale vegetale come legno, torba, noccioli di frutti e gusci di cocco. In pratica si ha una disidratazione molto spinta delle originarie fibre organiche, fino allo stato di carbone. Spesso mantiene ancora la forma del materiale organico di partenza. Grazie alla sua elevata porosità, questo materiale ha una elevata capacità di adsorbimento di gas e sostanze varie.

Per questo, il carbone attivo è entrato nell’uso della medicina (Carbo Ligni Offcinalis)per combattere alcuni disturbi intestinali quali flatulenza, aerofagia e meteorismo ma è anche utile in alcuni casi di avvelenamento. Le recenti polemiche sono da dovute ad interpretazioni delle norme vigenti e, anche, alla possibilità che questi prodotti possano contenere sostanze tossiche derivanti dal materiale vegetale di partenza.

Il carbone attivo, un ingrediente sicuro

E’ la posizione dell’EFSA (European Food Safety Authority) ovvero l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, agenzia istituita nel 2002. L’uso del carbone attivo, come additivo alimentare, è regolato da precise norme europee, in particolare il Regolamento (UE) N.

432/2012. Se usato come colorante, è codificato con la sigla E153.

Se viene aggiunto nella preparazione degli alimenti, il consumatore deve essere informato e il produttore si deve attenere a delle regole ben precise. Se venduto come integratore, sulla confezione deve essere indicata la posologia (es., 1 grammo da prendere 30 minuti prima o altrettanto subito dopo il pasto).

Ingerito, il carbone vegetale non viene assorbito ma transita nell’intestino legando/adsorbendo molecole di gas e intrappolando batteri e altri composti che veicola verso l’esterno impedendone l’assorbimento e riducendo fenomeni fermentativi, meteorismo e flatulenza. Indicato nei disturbi della defecazione (diarrea, dissenteria) e nelle intossicazioni.

A volte trova applicazioni per uso topico, ad esempio nella disinfezione di ferite, ulcere putride e suppuranti.

Le recenti polemiche di alcuni panificatori

Se un panificatore aggiunge del carbone vegetale alla farina, per preparare il pane, quest’aggiunta è da considerarsi come colorante (E153) e non come sostanza dagli effetti benefici. Se questo non viene precisato, si rischia un’accusa per “truffa in commercio”. E’ quanto è avvenuto a dei panificatori che avevano dichiarato che il loro “pane nero”, preparato aggiungendo carbone vegetale, portava a dei benefici per la Salute.

In Italia si può chiamare “pane” solo quello prodotto con acqua, farina e lievito. Il cosiddetto“pane nero” è invece regolamentato da una circolare ministeriale, del Ministero della Salute del 22/12/2015, che impone l’aggiunto del carbone vegetale solo nelle quantità previste come colorante, nei prodotti da forno.

Non è solo una questione di forma ma di sostanza. Infatti, le quantità di carbone vegetale aggiunte alla farina, come “colorante”, sono centinaia di volte inferiori a quelle previste per avere gli effetti benefici, come l’assorbimento dei gas intestinali.

E poi c’è la precisazione dell’EFSA. Trattandosi di un prodotto di combustione, non si può escludere che possano contenere delle sostanze tossiche. Per questo sono state stabilite delle soglie di sicurezza per cui l’uso del carbone vegetale, sia come colorante ma, soprattutto, come integratore alimentare, non rappresenta alcun problema.