Buone notizie sul fronte della lotta contro l'HIV, il virus responsabile dell'AIDS (acquired immune deficiency syndrome, cioè sindrome da immunodeficienza acquisita). I ricercatori del Salk Institute di La Jolla (California), guidati da Dmitry Lyumkis, sono riusciti a decifrare la struttura di un complesso molecolare chiamato intasoma, il quale è un componente fondamentale per il virus durante l'infezione di una cellula ospite perchè consente l'integrazione del proprio genoma all'interno di quello dell'ospite.

Il meccanismo infettivo dell'HIV

Per capire l'importanza della scoperta del team di Lyumkis è necessario capire come fa il virus a infettare le cellule: in pratica l'hiv è un retrovirus, cioè le sue informazioni geniche sono contenute in una molecola di RNA, la quale viene utilizzata da virus stesso per creare una copia di DNA virale che poi andrà ad integrarsi con il DNA della cellula ospite.

In questo modo il virus sfrutta i sistemi replicativi della cellula ospite per duplicarsi, moltiplicarsi e infettare altre cellule, con un meccanismo infettivo inesorabile di cui si conoscono bene, purtroppo, gli effetti devastanti.

Alla ricerca dell'intasoma

Un compito importantissimo viene svolto dall'integrasi, un enzima presente nell'HIV che si occupa in qualche modo di installare il DNA virale all'interno del DNA dell'ospite. Il complesso molecolare che opera l'integrazione è chiamato, appunto, intasoma. Ed era dal lontano 1994 che la scienza cercava di risalire alla struttura dell'intasoma, la cui conoscenza avrebbe aperto nuove frontiere nella ricerca di farmaci efficienti. Finalmente, grazie al lavoro svolto Lyumkis, e pubblicato il 6 gennaio 2017, questo traguardo è stato raggiunto.

Il metodo per "craccare" l'intasoma

L'intera struttura dell'intasoma dell'HIV era difficile da ottenere con le tecniche convenzionali. Per questo, Lyumkis e colleghi hanno utilizzato una nuova e complessa tecnica di imaging all'avanguardia, chiamata microscopia crioelettronica (cryo-EM), la quale utilizza temperature bassissime (ottenute tramite refrigeranti come l'azoto liquido) per "freezare" la molecola su uno strato sottile prima di farla attraversare da fasci di elettroni.

Un rilevatore posto dall'altro lato registra il modo in cui gli elettroni sono stati deviati dagli atomi che compongono la proteina, e i dati vengono poi inviati a un computer che ricodifica il tutto, ricostruendo in digitale l'immagine della molecola.

Senza dubbio, grazie a questo studio dal titolo "Cryo-EM structures and atomic model of the HIV-1 strand transfer complex intasome", è stato fatto un passo avanti nella comprensione del meccanismo di resistenza virale dell'HIV.

Ora i ricercatori hanno un modello di intasoma che permetterà loro di capire meglio come funzionano alcuni farmaci antiretrovirali (appartenenti alla classe degli inibitori delle integrasi) in modo da poterne sviluppare altri che abbiano una migliore capacità di bloccare il virus.