È proprio vero che la ricerca non si ferma mai e che gli studiosi non smettono mai di studiare: forse è questa la ragione per cui un gruppo di ricercatori inglesi avrebbe deciso di cercare di capire per quale ragione il cibo che viene servito sugli aerei non sia mai né troppo gustoso né tantomeno appetitoso.
La ricerca
Charles Spencer, docente di psicologia all'università di Oxford, insieme al suo team, ha scoperto che la colpa del fatto che i cibi sugli aerei siano di gusto blando sia dei decibel. Pare infatti che l'intenso rumore dei motori possa arrivare fino ad 85 decibel, riducendo così del 30% le nostre capacità olfattive e gustative.
In particolare perderemmo la sensibilità verso il dolce ed il salato, mentre rimarrebbe pressoché invariata la percezione del cosiddetto "quinto gusto" - conosciuto anche come "umami" - che è quello saporito. Note che sono presenti ad esempio nel succo di pomodoro che, forse non a caso, è la bevanda più richiesta sui voli in cui venga espletato il servizio di rinfresco.
Da qualche anno le migliori compagnie di bandiera hanno chiesto a grandi chef di firmare menù elaborati da servire ai propri passeggeri della business class, ma pare che l'iniziativa non abbia avuto il successo atteso e che anzi i passeggeri siano rimasti essenzialmente delusi quanto prima. Adesso sappiamo quale potrebbe essere il motivo.
Ma cosa è - più precisamente- l'Umami?
Cos'è l' Umami?
Ce lo spiega un po' meglio Alfredo Iannaccone, cuoco e studioso, di Umami e cucina Zen: "Umami è la ricerca del sapore vero e puro attraverso la combinazione delle salinità naturali contenute nelle materie prime, secondo alcuni molto semplicisticamente definito quinto gusto, che nasce dalle grandi basi della cultura orientale.
Umami è la stimolazione di quella parte bifrontale del nostro cervello atta a recepire neurologicamente la salinità. Ma tutti i prodotti alimentari con cui siamo cresciuti contengono sapidità. Questo il mondo Occidentale lo ignora e ancora non ha compreso bene cosa sia l’umami. Possiedo centinaia di pagine di appunti, frutto di traduzioni di vari testi specializzati e di studi personali, legati soprattutto alla nordic food danese, che oggi lavora di pari passo con la cucina orientale internazionale moderna che fa capo a maestri come lo chef americano-coreano David Chang, docente ad Harvard.
Nella parte bifrontale del nostro cervello, vicino alla sezione del dolce, c’è l’umami, che vuol dire estasi, gioia, sapore vero. Umami è 1+1, umami non è mordere un parmigiano. Umami nasce dall’unione di almeno due alimenti: uno che contiene Msg (glutammato monosodico naturale, non quello chimico del dado da cucina) con un secondo alimento, definito Ribonucleotide, che fa da neurotrasportatore alla prima sapidità, implementando cerebralmente salinità contenuta nell’msg. Il tutto stimola i nervi delle papille gustative e lancia messaggi di estasi al cervello. Perché la neurogastronomia moderna insegna il rapporto continuo tra palato e cervello. Umami è ad esempio da sempre anche pomodoro cotto e parmigiano ma nessuno ce lo ha mai detto.
Ecco perché ci piace tanto. Il glutammato agisce attraverso una molecola che si chiama glutammina che interferisce direttamente “in positivo” sul nostro cervello, come “una droga buona”, generando in noi energia positiva e benessere. Qualsiasi cosa si cucini, è un buon cibo solo se preparato con consapevolezza, che significa: attenzione, presenza mentale e amore per ciò che stiamo facendo. Rispetto per le materie prime e per il commensale. Un piatto nello stile della cucina Zen va pensato e ragionato perché dalla mente arriva la forza e l’energia che metteremo in quella ricetta.”
Che il futuro del buon gusto sugli aerei debba essere affidato proprio ad uno di questi (rari) cuochi?