Sembra che vogliano boicottare il nostro grano in favore di quello importato, ricco di glifosato. Due giorni fa è arrivata la notizia che a Bruxelles la commissione ha bocciato la proposta dell'Italia di indicare in etichetta la provenienza del grano duro. La proposta è nata per difendere il grano italiano e per permettere i consumatori di scegliere la sua provenienza, ed è stata avallata dali ministro delle Politiche agricole Martina e dal ministro dello Sviluppo economico Calenda. Era stata presentata a Bruxelles da alcuni mesi e si sperava in un risultato positivo, così come è successo con il latte.

Il progetto, che chiede che sia indicata chiaramente il Paese d'origine del frumento sulle confezioni di pasta essiccata, non ha avuto un riscontro e quindi è stato bocciato, anche se si attende la pubblicazione ufficiale del prossimo 12 agosto. In risposta i ministri italiani hanno firmato due giorni fa un decreto che invece obbliga l'indicazione, entro 180 giorni, dell’origine sia del grano duro sia del riso sulle etichette. Questo decreto durerà due anni in via sperimentale ed è stata una vera e propria sorpresa decisa al momento dai ministeri. Potrebbe essere visto come una forzatura italiana che sicuramente arrecherà imbarazzo e qualche sanzione da parte dell'Ue, facilmente risolvibile, e non paragonabile all'importanza della scelta.

L'obiettivo per ora è stato raggiunto, e cioè appena il decreto sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, l'etichettatura sarà obbligatoria.

Cosa indica il nuovo decreto

E' chiamato decreto grano/pasta e contempla che tutti i prodotti made in Italy di pasta secca debbano mostrare in etichetta il nome del Paese di coltivazione del grano e il paese in cui il grano viene macinato.

Se questi processi avvengono in Paesi diversi saranno usate le espressioni Paesi UE, Paesi non UE, Paesi UE e non UE. Ad esempio se il grano duro fosse coltivato almeno per il 50% in un Paese, tipo l’Italia, si dovrà scrivere: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”. Anche per il riso è previsto lo stesso provvedimento e quindi saranno indicati il Paese dove viene coltivato, quello di lavorazione e infine quello di confezionamento.

Di conseguenza anche qui avremo le diciture Paesi UE e non UE, così come per il grano. Queste informazioni saranno apposte in una zona evidente dell'etichetta perchè siano ben individuabili, ben leggibili ed indelebili. Ora le aziende dovranno adeguarsi ed hanno sei mesi per smaltire le vecchie etichette o le confezioni già pronte.

Riusciremo a risolvere il problema del grano?

Il problema dell'origine del grano fino ad ora non è stato mai risolto e da una parte la colpa è da imputare proprio alle aziende che si sono sempre rifiutate di dichiarare che almeno il 20-40% del grano da loro utilizzato origina da coltivazioni canadesi, statunitensi, australiane e francesi. L'Italia infatti produce a malapena il 30% del fabbisogno di grano e il resto è tutto d'importazione.

Alcune aziende rispondono che il grano importato sia di qualità superiore ma non tengono conto della concentrazione di pesticidi ammessi nel resto del mondo anche se potenzialmente cancerogeni, come nel caso del grano impregnato di glifosato. L'etichetta "trasparente" è stata richiesta da mesi da associazioni come Coldiretti , ed ora,anche la soluzione sarà sicuramente osteggiata da Bruxelles, forse le aziende saranno costrette a cambiare regime se il consumatore viene "svegliato".