Parlano giapponese i ricercatori che hanno messo a punto, e verificato su modelli animali, la capacità di cellule staminali pluripotenti indotte (iPS cells) di rigenerare cellule dopaminergiche distrutte a causa del parkinson. Una conferma agli studi condotti nelle Neuroscienze, negli ultimi trent’anni, dal neurologo svedese Olle Lindvall, candidato al Nobel, ovvero la possibilità di rigenerare neuroni morti a causa di malattie neurodegenerative, con cellule staminali opportunamente riprogrammate.

Un altro importante passo avanti della medicina

È la prima volta che viene dimostrata la capacità di cellule progenitrici dopaminergiche, derivate dalle cellule umane iPS, di sopravvivere e funzionare come neuroni dopaminergici.

Il modello animale, un macaco di Giava (Macaca fascicularis) - messo a punto da un team di ricercatori giapponesi e guidati da Jun Takahashi, è stato generato somministrando alle scimmie una neurotossina, la MPTP (1-metil 4-fenil 1,2,3,6-tetraidro-piridina), che ha indotto la distruzione dei neuroni dopaminergici, generando una quadro clinico tipo Parkinson.

Dopo la somministrazione (trapianto) delle cellule staminali iPS, le scimmie hanno lentamente (due anni) recuperato la loro naturale funzionalità, recupero confermato da indagini strumentali come NMR (Risonanza magnetica nucleare) e PET (tomografia ad emissione di positroni). I risultati di questo studio sono stati pubblicati su Nature e rappresentano l’ultima evidenza sperimentale preclinica prima di arrivare alla sperimentazione clinica sull’uomo, prevista per la fine del 2018.

Parkinson e dopamina

I pazienti affetti da morbo di Parkinson si caratterizzano per quattro principali caratteristiche: tremore degli arti e di altre parti del corpo anche a riposo; rigidità degli arti, del collo e del tronco; lentezza dei movimenti; instabilità dell’equilibrio. Questi sintomi iniziano lentamente e peggiorano nel tempo, fino ad arrivare ad avere difficoltà a camminare, parlare e compiere semplici azioni.

Questo quadro clinico è conseguente la degenerazione di neuroni in una zona del cervello chiamata Sostanza Nera, con conseguente riduzione dei livelli di dopamina. La dopamina è un neurotrasmettitore che invia i messaggi alle cellule che controllano il movimento, inviando messaggi ai muscoli. La distruzione dei neuroni e la riduzione di dopamina inizia già nella fase iniziale della malattia, che può durare anche 5 anni.

Al momento della diagnosi di solito il paziente ha già perso la metà dei suoi neuroni dopaminergici.

Uno dei primi farmaci usati per il trattamento del Parkinson è stato la Levodopa (L-DOPA). Questa sostanza viene convertita proprio in dopamina nei neuroni dopaminergici (gli stessi che producono dopamina) mediante un enzima chiamato DOPA-decarbossilasi. Adesso sono disponibili diversi farmaci, con una migliore biodisponibilità rispetto alla L-DOPA ma nessuno di questi riesce a ripristinare la condizione preesistente.

Negli ultimi anni, le ricerche con le cellule staminali, soprattutto fetali, miravano invece alla cura della malattia. Ma problemi etici hanno reso difficile la loro applicazione clinica.

Con le cellule iPS, usato dai ricercatori giapponesi sui macachi di Giava, si superano questi problemi in quanto possono essere sviluppate dal sangue o dalla pelle. E questi risultati ottenuti sulle scimmie fanno ben sperare in un risultato positivo anche nella sperimentazione clinica.