Il cosiddetto "gene jolie" è stato accusato di aumentare le probabilità di contrarre il cancro al seno, ma un recente studio effettuato su un campione di pazienti in Gran Bretagna ha rimesso le cose in discussione.

Il "gene Jolie"

La vicenda che ha coinvolto l'attrice americana Angelina Jolie ha portato all'attenzione della collettività il fenomeno delle cosiddette mutazioni BRCA. Le donne portatrici di queste particolari forme di mutazione genetica hanno un rischio maggiore (dal 12 al 90%) di sviluppare neoplasie al seno e alle ovaie rispetto a coloro che hanno un profilo genetico normale.

L'artista statunitense, dopo aver scoperto di esserne affetta, ha preso una drastica decisione, ovvero quella di ricorrere alla mastectomia e all'ovariectomia per scongiurare il rischio futuro di sviluppare il cancro.

La ricerca condotta in Gran Bretagna

Lo studio condotto dall'Università di Southampton su un panel di circa 3.000 pazienti, ha rimesso in discussione la presunta maggiore aggressività delle forme tumorali nelle donne affette dal "gene Jolie". La scoperta dei ricercatori inglesi ha chiarito che, sebbene le donne portatrici della mutazione abbiano un maggior rischio di sviluppare il cancro, queste però mantengono le stesse probabilità di sopravvivenza rispetto alle loro simili con tumori al seno.

In sintesi, chi è portatrice del "gene Jolie" ha sì una maggiore probabilità di ammalarsi di cancro, ma ciò non vuol dire che aumenti anche il rischio di mortalità.

La mastectomia non è più necessaria?

La ricerca dell’Università di Southampton è giunta alla conclusione che il carcinoma mammario mutato con BRCA non è più pericoloso o aggressivo di qualsiasi altra forma della malattia.

Questi risultati potrebbero influenzare il modo in cui i medici hanno trattato finora il tumore. Infatti, fino ad oggi molte donne con il "gene Jolie" hanno subito un intervento chirurgico radicale per rimuovere entrambi i seni non appena si presentavano le avvisaglie del cancro, poiché i medici consideravano questa forma di neoplasia molto aggressiva.

In alcuni casi, come quello che ha coinvolto proprio Angelina Jolie, l'asportazione è stata effettuata "preventivamente", ovvero prima che si presentasse la malattia. Questo approccio alla patologia potrebbe essere rivoluzionato, poiché lo studio ha dimostrato che un intervento meno invasivo come una classica asportazione chirurgica conservativa sarebbe altrettanto sicura.