Per secoli ci si è interrogati su quale fosse la natura dell’uomo, visto come “animale sociale” o “essere asociale”. Tra i principali autori che supportano la visione dell’uomo come “animale sociale” troviamo Rousseau, il quale afferma la necessità dell’essere umano di unirsi e creare una collettività, andando successivamente ad instaurare regole e divieti necessari affinchè si mantenga una buona convivenza.
Di idea totalmente contraria è il filosofo britannico Hobbes, che si basa su una visione materialistica in cui l’uomo è definito un essere di natura asociale che tende a stabilire legami con gli altri per poter appagare i propri bisogni fisiologici.
L'isolamento sociale altera la psiche
Oggi sappiamo che l’uomo è un essere di natura sociale e in quanto tale ha bisogno di intrattenere relazioni con i suoi simili. Quando questo bisogno primario viene a mancare, si generano pericolose conseguenze.
I ricercatori del California Institute of Technology e dello Howard Hughes Medical Institute hanno recentemente dimostrato che in condizioni di isolamento sociale avvengono delle alterazioni biomolecolari a livello cerebrale che producono variazioni del comportamento e portano alla depressione.
Gli studiosi hanno creato una condizione sperimentale condotta sui topi in cui gli animali erano costretti a vivere in condizioni di isolamento per circa due settimane.
I risultati dell’esperimento hanno provato l’ipotesi dei ricercatori: i topi avevano subito notevoli modifiche comportamentali, andando successivamente a mostrare aggressività e paura persistente verso i topi sconosciuti.
La presenza degli altri ci dà forza
Vivere stabilendo relazioni con gli altri è fortemente motivante per il soggetto.
Tale processo, definito di “facilitazione sociale”, porta gli esseri umani a svolgere compiti migliori rispetto a quando si trovano in una condizione di isolamento.
In un esperimento di Jackons e Williams, un mucchio di scarafaggi sono stati posti all’interno di una scatola al termine della quale si trovava una luce di forte intensità.
Fu cronometrato il tempo che gli scarafaggi impiegarono per percorrere il tragitto, arrivando fino alla parte opposta della scatola. In un primo momento gli animali si trovavano in una condizione di isolamento; successivamente furono posizionati altri scarafaggi all’interno di alcune teche trasparenti che facevano da “spettatori”.
I risultati dimostrarono che, in presenza di altri scarafaggi, il soggetto sotto esame svolgeva il compito più velocemente, poiché eccitato e incoraggiato dalla presenza dei suoi simili.