La dieta svolge un ruolo centrale nella Salute collettiva, pertanto è necessario individuare una dieta nutriente per una popolazione mondiale in crescita. In tali circostanze è urgente limitare il danno ambientale, per non trasgredire i confini planetari.

A tale scopo, gli scienziati del Laboratory of Sustainable Food Processing, ETH di Zurigo, hanno integrato indicatori ambientali, nutrizionali, economici e di salute umana per valutare le conseguenze di diverse diete e coglierne vantaggi e svantaggi.

Sono state analizzate diete come latto-ovo vegetariana, vegana, pescetariana, flexitariana (semi-vegetariana con inclusione occasionale di carne o pesce) e iperproteica, in base a quattro fattori principali: qualità nutrizionale (bilanciamento di nutrienti o carenza di questi, percentuale di popolazione con una nutrizione adeguata); effetti ambientali (emissione di gas serra, utilizzo di acqua, terreno, azoto e fosforo); economici (spesa giornaliera del cibo); indicatori di salute (parametri metabolici ematici e indice di massa corporeo, BMI).

Dallo studio è emerso che una dieta ecosostenibile comporta un'elevata riduzione dell'assunzione di carne e oli vegetali e una moderata di cereali e prodotti ittici; allo stesso tempo, un maggiore consumo di legumi (fagioli, ceci, lenticchie), semi oleosi (noci, nocciole, mandorle, semi di zucca, di girasole), frutta e verdura. Questo tipo di dieta ha provocato minore impatto ambientale (36%), costo inferiore (risparmio di un terzo della spesa) e maggiori benefici sulla salute (diminuzione del 2.67% il rischio di comparsa di malattie).

All’opposto, una dieta iperproteica si è dimostrata meno sostenibile per l’ambiente, con conseguenze nocive sulla salute, associata ad elevata spesa alimentare giornaliera e a decremento dell'apporto di nutrienti essenziali (vitamina C, fibre, potassio e calcio).

L’adesione ad una dieta sana e di buona qualità nutrizionale non è, dunque, solo un bene per la salute umana, ma anche per l'ambiente.

Dieta e impatto ambientale

L'agricoltura è il primo consumatore di acqua dolce e il secondo produttore di emissioni di gas serra.

Studi precedenti avevano rilevato che alcune diete come quella vegana, vegetariana e mediterranea, possono avere conseguenze positive sia per la salute umana che per il clima; tuttavia, il passaggio ad una dieta vegana provoca il rischio di carenza di alcuni micronutrienti (vitamina B12, colina e calcio), attualmente forniti principalmente attraverso prodotti di origine animale, sebbene sia evidente un abbattimento del gas serra e del consumo di acqua.

L'analisi ambientale ha mostrato che attualmente la dieta più comune genera emissioni di gas serra e azoto superiori a quelle accettabili, minacciando di trasgredire i confini planetari globali.

E’ essenziale che si adotti una corretta politica ambientale, allo scopo di moderare l’impatto degli alimenti.

Analisi dei dati

L'Associazione Svizzera sulla Nutrizione ha stimato che il 3% della popolazione è vegetariana, lo 0.3% vegana, mentre più della metà della popolazione afferma di mangiare carne 6-7 giorni a settimana.

L'indagine sulla salute degli individui, in termini di BMI e parametri metabolici, ha fatto emergere la necessità di un intervento dietetico e di politiche alimentari per colmare le lacune dietetiche svizzere (consumo eccessivo di carne, oli vegetali, zucchero e utilizzo carente di legumi, noci e semi); la dieta non corretta, inoltre, è stata correlata ad una elevata spesa quotidiana e ad una azione negativa sull’ambiente.

Al termine dello studio, comprendente 10 indicatori di sostenibilità alimentare su quattro dimensioni (salute umana, nutrizione, ambiente ed economia), sono state osservate sinergie tra apporto nutrizionale, costo spesa, impatto sull’ambiente, salute individuale; ciò significa che raggiungere una dieta sana non deve essere necessariamente costoso, né dannoso per l'ambiente.