Negli ultimi anni un numero crescente di centri di ricerca è impegnato in programmi anti-invecchiamento. Uno di questi è la Mayo Clinic, negli Stati Uniti, dove si sta investigando sulle cellule “zombie”, un tipo di cellule senescenti che non riesce più a suddividersi ma, invece di morire, inizia a produrre sostanze dannose per le cellule sane. Gli scienziati ipotizzano che queste cellule si raggruppano intorno al cuore, causando infarti e ictus, intorno alle ossa, causando osteoporosi, intorno alle articolazioni causando artrite, intorno al tessuto adiposo favorendo il diabete.

La sfida è trovare farmaci in grado di eliminare le cellule zombie.

Le cellule zombie

L’invecchiamento normalmente è associato ad una serie di gravi patologie che vanno dalle malattie cardiovascolari all'Alzheimer, dal Parkinson all'artrite, dal diabete fino al cancro. Trovare un modo per bloccare l’invecchiamento vuol dire bloccare anche lo sviluppo di queste patologie. Dagli anni Sessanta sono state identificate delle cellule somatiche senescenti che, pur non riuscendo più a replicarsi, perché meccanismi naturali glielo impediscono al fine di non trasmettere alle cellule figlie dei difetti genetici, continuano ad avere un’attività metabolica con la produzione di sostanze che risultano tossiche per le cellule sane.

Da oltre 15 anni ci sono programmi di ricerca finalizzati all'individuazione di molecole/farmaci in grado di distruggere queste cellule zombie. Intanto su riviste scientifiche prestigiose stanno iniziando a vedersi decine di lavori sui risultati di ricerche in questo campo. Parliamo dei cosiddetti farmaci “senolitici” ovvero farmaci in grado di bloccare i processi di senescenza o invecchiamento.

Presso la Mayo Clinic sono in corso diversi esperimenti clinici e altri partiranno a breve. Queste ricerche non vanno a monitorare una singola patologia ma l’insieme delle condizioni dell’organismo.

Il ruolo pro-invecchiamento delle cellule zombie è stato confermato in laboratorio. Trapiantando alcune di queste cellule in animali giovani, questi hanno rapidamente sviluppato malattie tipiche della vecchiaia.

Identificate le prime molecole anti-age

Grazie agli studi sugli animali, sono stati identificati composti in grado di prolungare fino al 36% la vita dei topi. Un periodo che in un uomo corrisponderebbe ad un aumento di età di 30 anni. Nessuno vorrebbe vivere a lungo se non può godere di buone condizioni di Salute, ebbene questi animali hanno prolungato la loro vita mantenendosi in buone condizioni, senza i segni dell’invecchiamento.

Tradotto sugli esseri umani, un prolungamento di questo tipo corrisponderebbe a vivere 100 anni potendo vantare una condizione fisica di un sessantenne. Sono iniziati i primi studi clinici, su 14 soggetti anziani affetti da fibrosi polmonare idiopatica. Sono stati sufficienti tre mesi e 9 somministrazioni di un cocktail di farmaci anti-age per vedere migliorate le condizioni di questi pazienti, con un significativo recupero della camminata, sia in termini di velocità che di distanza.

Il cocktail usato in questo studio è composto da un farmaco antitumorale, il dasatinib (Sprycel), solitamente usato per trattare la leucemia, e la quercitina, una sostanza antiossidante naturale presente nelle mele, nel tè verde e nel vino rosso. Si tratta dei primi risultati di questo tipo osservati in uno studio clinico sull'uomo, ora pubblicati sulla rivista EBioMedicine (The Lancet), prima firma Jamie N. Justice.