Sono giunti da ogni dove scienziati e ricercatori per presentare gli ultimi risultati ottenuti e confrontarsi con altri colleghi su un mondo che è in continua espansione, quello dei batteri ad uso terapeutico. Vengono normalmente chiamati “probiotici” e di norma non sono tossici. Parliamo di microrganismi tipo quelli presenti nello yoghurt e nei fermenti lattici acquistati in farmacia. Ormai vengono investigati in ogni ambito clinico, dai problemi intestinali a quelli del sistema nervoso centrale, nelle allergie, in ambito dermatologico, pediatrico, cosmetico, ginecologico, immunologico, obesità, ecc.

Non solo fermenti lattici

Dal 17 al 20 giugno a Praga, nella Repubblica Ceca, è stato organizzato il 13-esimo appuntamento IPC, una conferenza internazionale su probiotici, prebiotici, microbiota intestinale e Salute. Nel Centro Convegni, con una vista panoramica sulla città di Praga, ricercatori coreani, cinesi, russi americani, giapponesi e ovviamente europei, hanno presentato le ultime novità in questo ambito, dalla produzione alla selezione dei ceppi batterici, dalla loro classificazione al loro potenziale impiego terapeutico.

Ma la cosa più ardua rimane il dimostrare il meccanismo con cui questi microorganismi esplicano la loro azione benefica. Ammesso che lo facciano. Perché questo è un altro grosso punto da chiarire: questi microorganismi sono davvero efficaci?

Lo ha proprio detto il Prof. Mario Guslandi gastroenterologo dell’Università San Raffaele di Milano, presentando una panoramica su tutti gli studi clinici degli ultimi anni dove erano stati valutati dei probiotici per il trattamento di disbiosi intestinali come IBD (principalmente Morbo di Crohn e Colite Ulcerosa) e IBS (Sindrome dell’intestino irritabile).

I termini che più frequentemente si sono uditi in questi giorni sono stati “può”, “potrebbe”, “ancora da dimostrare”, “richiede ulteriori verifiche”. Nonostante queste incertezze, in un numero crescente di applicazioni i probiotici risultano davvero efficaci e questo dimostrato in studi clinici in doppio cieco. Sebbene le multinazionali restano ancora a debita distanza, sorprende quanti centri di ricerca sono impegnati in questo settore.

E i tanti prodotti che ormai sono disponibili ovunque, nel mondo.

Ma i probiotici stanno conquistando spazi finora inimmaginabili come le infezioni vaginali, l’obesità, l’autismo, l’Alzheimer, l’ipercolesterolemia oltre a tutte le infezioni ed infiammazioni a localizzazione del tratto gastro-intestinale. L’attenzione in questo campo è anche giustificata dalla minaccia del fenomeno della resistenza batterica ai comuni antibiotici. I probiotici così come le battericine, sostanze prodotte da questi batteri, potrebbero rappresentare una soluzione alternativa all'uso degli antibiotici.

La 'resilienza' viene prima della salute

Gli oltre 100 speakers così come coloro che hanno presentati un numero altrettanto di poster hanno trattato diversi temi che andavano dall'uso dei prebiotici – sostanze che servono a far crescere i probiotici, agli zuccheri presenti nel latte materno.

Si è fatto anche un cenno ai postbiotici, ovvero i metaboliti prodotti da questi batteri. Si è parlato anche di regole comunitarie per la commercializzazione di questi organismi viventi (e loro derivati), come poterli formulare in modo da poter essere il più efficaci possibili e dei risultati dei vari studi clinici condotti un po’ ovunque. Ognuno ha provato ad immaginare il “futuro” di questi prodotti che comunque passa necessariamente da una comprensione del loro meccanismo di azione. Qualcuno ha provato anche a dare una nuova definizione di salute.

Infatti, una ricercatrice coreana Soyoung Park ha illustrato un diverso concetto di “salute”. Questa non è l’obiettivo ma solo la conseguenza della capacità di un organismo a sapersi adattare alle varie condizioni.

Come dire, come la febbre non è la causa ma è la conseguenza di una infezione così la salute non è tale ma solo la conseguenza di una capacità di ogni individuo a sapersi adattare alle varie condizioni in cui si trova a vivere. E questo adattamento si chiama “resilienza”. Finora questo termine è stato applicato ai materiali e in psicologia. In entrambi i casi stava ad intendere la capacità di un materiale o di un individuo a sapersi adattare a delle sollecitazioni esterne. Ora il termine è stato esteso alla salute in generale.