Ricercatori italiani sono in prima linea nello sviluppo di un anticorpo anti-Covid-19. Giuseppe Ippolito (Ist. Spallanzani di Roma) e Rino Rappuoli (MAD Lab, Fondazione TLS di Siena), hanno isolato e caratterizzato 17 anticorpi monoclonali in grado di neutralizzare Sars-CoV-2. Giuseppe Novelli (Università di Roma Tor Vergata) e Pier Paolo Pandolfi (Beth Israel Deaconess Medical Center, Università di Harvard), hanno isolato tre anticorpi monoclonali anti-Covid-19, capaci di bloccare la proteina Spike. E stanno già chiedendo l’autorizzazione per iniziare la sperimentazione clinica.

Un primo passo verso lo sviluppo di un farmaco che potrà richiedere 8-9 mesi, ma che potrebbe dare una risposta più efficace della stessa plasma-terapia (con plasma iperimmune).

Un anticorpo anti-Covid-19

La pandemia da Sars-CoV-2 ha sorpreso l’umanità sguarnita e vulnerabile. Il mondo scientifico è stato chiamato a dare delle risposte a questo attacco biologico senza precedenti. Non ci sono ancora farmaci o vaccini specifici approvati. I pazienti vengono trattati con farmaci antinfiammatori, anticoagulanti e antivirali generici. Si stanno testando farmaci approvati per altre indicazioni seguendo un approccio di drug repositioning, e si sta usando il sangue dei pazienti già guariti da Covid-19 per trattare soggetti in condizioni davvero critiche, sfruttando gli anticorpi che questi hanno sviluppato verso il Coronavirus.

In questo contesto rimane quindi ancora urgente il bisogno di sviluppare sistemi di prevenzione e cura contro il Covid-19. Gli anticorpi monoclonali (mAb) umani rappresentano una eccellente opzione, sicura ed efficace, per la terapia e la prevenzione dal Covid-19. Attualmente sono oltre 50 gli mAb approvati e in commercio, contro tumori, malattie infiammatorie e autoimmune.

E sono ritenuti molto efficienti e sicuri per i pazienti.

Anche nel caso dell’Ebola, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) aveva raccomandato gli anticorpi come primo intervento terapeutico possibile. Cosa che effettivamente avvenne visto che furono sviluppati prima di qualsiasi farmaco o vaccino. Ora siamo nelle stesse condizioni con l’aggravante che questa epidemia ha una estensione planetaria ed impone interventi rapidissimi, ma con il vantaggio che sul fronte dello sviluppo degli anticorpi monoclonali sono stati compiuti enormi progressi.

Oggi, in sei mesi, si riescono a sviluppare anticorpi dove qualsiasi altra terapia o vaccino richiederebbe tempi ben più lunghi. Anche in condizione di massima priorità, come per questa pandemia.

Risultati pubblicati su BioRxiv

Una squadra di 23 ricercatori, tutti italiani, guidati da Giuseppe Ippolito dell’Istituto Spallanzani di Roma, e Rino Rappuoli di MAD (Monoclonal Antibody Discovery) Lab della Fondazione TLS (Toscana Life Sciences) di Siena, nonché “Chief Scientist e Head of External R&D Vaccine” di GlaxoSmithKline (Gsk), hanno isolato e caratterizzato 17 anticorpi monoclonali in grado di neutralizzare Sars-CoV-2. Un primo passo verso lo sviluppo di un farmaco che potrà richiedere 8-9 mesi, come ha dichiarato lo stesso Rappuoli.

Questo risultato arriva grazie ad una collaborazione tra TLS e Spallanzani iniziata nel 2018, su un progetto finalizzato all'utilizzo di anticorpi monoclonali a scopo profilattico/terapeutico. Per comprendere come questo team sia giunto alla selezione di questi anticorpi bisogna partire da come il Coronavirus infetta il paziente. Sulla superficie del Sars-CoV-2 ci sono delle glicoproteine chiamate “Spike” o “Proteina S” composta da due subunità, S1 e S2. Quando il virus entra in contatto con la cellula dell’ospite, la subunità S1 viene modificata da un enzima favorendone l’interazione/fusione con un enzima presente sulla superficie della cellula, ACE2 (Angiotensin-converting enzyme 2).

Grazie a questa interazione, il virus riesce a far entrare il suo RNA virale nella cellula dove viene replicato per generare altri virus e diffondere l’infezione.

Gli organi che hanno una maggiore espressione di ACE2 sono quelli maggiormente infettati. Al primo posto troviamo il sistema respiratorio seguiti dal sistema cardiovascolare, digestivo e sistemi urinari. Si è parlato anche dei testicoli. E di una maggiore espressione di ACE2 negli uomini rispetto alle donne che spiegherebbe un numero superiore di morti da Covid-19 tra gli uomini.

Per sviluppare gli anticorpi, i ricercatori hanno isolato 1.167 linfociti B, sono cellule del sistema immunitario che producono gli anticorpi ed hanno un ruolo primario nello sviluppo dell’immunità acquisita (rispetto ai linfociti T che invece sono fondamentali per l’immunità cellulare, cioè quelli che attaccano direttamente le cellule infettate).

I linfociti B sono stati isolati dal sangue di sette donatori convalescenti Covid-19.

I linfociti B sono stati stabilizzati nella condizione di pre-fusione della proteina Spike e incubati per due settimane per consentire la produzione di anticorpi. I supernatanti sono stati testati in ELISA. Un approccio già seguito per altri agenti patogeni incluso il virus respiratorio sinciziale (RSV), una infezione dei polmoni e delle vie respiratorie.

Gli anticorpi così isolati sono stati testati su un modello recettoriale (Cellule Vero E6) per confermare la capacità dell’anticorpo di neutralizzare il virus. Da un panel di 318 anticorpi monoclonali (mAb) umani, 74 hanno riconosciuto la proteina Spike. E di questi 17 sono stato in grado di neutralizzare il Coronavirus.

Tra questi verrà selezionato il candidato per lo sviluppo clinico. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati (pre-print) su BioRxiv, primo autore Emanuele Andreano.

Risultati analoghi da altri ricercatori italiani

Sempre in Italia, Giuseppe Novelli, genetista dell'Università di Roma Tor Vergata, in collaborazione con Pier Paolo Pandolfi, del Beth Israel Deaconess Medical Center dell'Università di Harvard, hanno isolato tre anticorpi monoclonali anti-Covid-19, capaci di bloccare la proteina Spike. E stanno già chiedendo l’autorizzazione per iniziare la sperimentazione clinica.

Questi sono stati selezionati da una grande banca canadese di anticorpi ricombinanti, la Trac (Toronto Recombinanti Antibody Center).

Nei test di laboratorio i tre anticorpi hanno mostrato una grande efficacia ma adesso bisognerà attendere le prove sull'uomo che inizieranno con uno studio clinico multicentrico fra Canada, India e Italia. In preparazione il dossier da presentare all'Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Da ricordare che l’approccio verso un impiego di anticorpi monoclonali specifici contro il Sars-CoV-2 è iniziato a metà marzo con la scoperta del primo anticorpo monoclonale anti Covid-19 ottenuto dall'Università olandese di Utrecht. La molecola si chiama 47D11, anche questa attacca la proteina Spike.

Vaccino-profilassi, Immuno-terapia e Plasma-terapia

Come lo stesso Rappuoli ha dichiarato a RaiNews24, un anticorpo di questo genere prima di essere industrializzato, necessita di 8-9 mesi per superare tutte le fasi dello sviluppo.

Inoltre, un anticorpo anti-Covid non entrerebbe in conflitto con i vaccini in quanto seguono due approcci totalmente differenti.

Un vaccino non può essere somministrato quando l’infezione è in corso, mentre un anticorpo monoclonale sì. Un vaccino impiega alcune settimane prima di poter essere efficace, perché c’è una fase iniziale di attivazione del sistema immunitario, mentre un anticorpo monoclonale è attivo da subito, appena iniettato. Se opportunamente ingegnerizzati, gli anticorpi possono mantenere la loro efficacia per diversi mesi.

Infine, questi giorni si sta molto parlando di plasma-terapia ovvero dell’uso del sangue di soggetti convalescenti, già guariti da Covid-19, che hanno sviluppato una immunità verso il virus.

Questo approccio è noto da anni e funziona. Ma è opportuno ricordare che si tratta di una strategia di emergenza, che necessita di pazienti guariti, da cui prelevare il sangue. Questo, come è intuibile, comporta dei rischi associati alla disponibilità di pazienti donatori, alla compatibilità dei gruppi sanguigni e alle condizioni di Salute del donatore. Quindi non tutti i plasmi vanno bene per tutti i pazienti.

In assenza di anticorpi o farmaci specifici, la plasma-terapia va benissimo. Ma, a parità di condizioni, un anticorpo anti-Covid-19 è da preferire. Ovviamente, in attesa di un vaccino che, in ultima analisi, sarebbe la soluzione definitiva al problema.