"Mi sono dopato in tutti e sette Tourvinti, me ne vergogno ma è così che stanno le cose. Non ho inventato io lacultura del doping ma non ho nemmeno cercato di fermarla": questo uno deglistralci più allarmanti dell'intervista concessa dall'ex campione di ciclismo,Lance Armstrong, da Oprah Winfrey, la "signora" della tv americana.

Epo, ormone della crescita,testosterone, doping ematico, Armstrong confessa di aver fatto uso di un'incredibile quantità di sostanze dopanti pur di assecondare un'insana einnaturale (se spinta sino a questo punto) voglia di vincere.

A precisa domanda rivolta dalla Winfrey- "Crede che sarebbe stato possibile vincere sette Tour de France consecutivisenza fare uso di doping" - l'ex corridore di Austin risponde con secco "no,sarebbe stato impossibile", un'affermazione che da solo basta a sgretolare ilmito di un uomo che aveva sconfitto il cancro e dato una splendidadimostrazione di vita a milioni di persone.

Di quel mito ora non è rimasto più nullaed Armstrong ne è consapevole: "Ho sbagliato e ne sono cosciente, sono qui perprendermi tutte le mie responsabilità e chiedere scusa; probabilmente passeròil resto della vita a farlo".

Ormai da tempo l'Agenzia MondialeAntidoping aveva reso nota la colpevolezza del sette volte vincitore del Tour,ma assistere alla confessione diretta è parsa tutt'altra cosa: "Mi dispiace perchi non crede nel ciclismo, per chi non crede nei miracoli, queste cose esistonoper davvero, ma la mia è un'altra storia".

Una storia che ha fatto infuriare a talpunto il Cio (Comitato Olimpico Internazionale) da aver spinto un membrodell'organizzazione, Dick Pond, a paventare l'ipotesi che il ciclismo possaessere escluso dalle prossime Olimpiadi di Rio de Janeiro.

Staremo a vedere, nel frattempoArmstrong ha tentato la via della riabilitazione offrendo in parzialerisarcimento 5 milioni di euro al governo Usa; la risposta è stata un secco "nograzie", del resto lo stesso Armstrong sa perfettamente che si tratta di unacifra insufficiente a coprire i milioni guadagnati tra tour vinti, sovvenzionidegli sponsor, partecipazioni a talk show e dirette televisive.

Per non parlare dei danni morali e dellagravità dell'accaduto, che rischia di essere la goccia che fa traboccare ilvaso: da anni i riflettori dell'antidoping sono infatti puntati su questadisciplina, troppo facile doparsi, troppo frequenti i casi.

E c'è dascommettere che la luce dei riflettori tornerà a concentrarsi presto su vicendesimili.

Nel frattempo i riflettori piùimportanti, quelli del pubblico, sono già direzionati altrove; storie(tutt'altro che isolate) come quella di Armstrong stanno infatti ormaiscandendo l'irreversibile atto di allontanamento degli appassionati da questosport. Riconquistarli non sarà semplice.