Il ricordo vive, a quasi dieci anni di distanza, come una ferita ancora aperta e difficile da ricucire. Nel ciclismo degli ultimi anni, aggredito e spezzato dal doping, la figura di Marco Pantani, lo scalatore di Cesenatico che infiammò le strade negli anni '90, è ancora viva, forse troppo.

Il Giro d'Italia, la sua casa d'adozione, ha voluto ricordare Pantani svelando una corsa rosa del 2014 che dedica ben tre tappe al Pirata, segno di una difficoltà, ormai palese, di voltare pagina senza espiare le proprie colpe. Nessuno ha entusiasmato come lui negli anni seguenti, tanti buoni duelli sono stati subito bocciati da provette e sostanze proibite, una condanna per le due ruote in cerca di identità.

Serve una ripartenza, proprio dalle emozioni del passato.

Lunedì a Milano verranno alzati i veli sul percorso che può contare già su nutrite anticipazioni. La Foligno-Montecopiolo, il tappone appenninico, sarà interamente dedicato al compianto Marco, così come gli arrivi in salita a Monte Campione e l'Alpe di Pampeago. E non dovrebbe mancare neanche il temibile Zoncolan, l'ultima asperità ad offrire un Pantani in discreta condizione nel 2003.

Sarà quindi un amarcord, tra passato e presente, ricordando i duelli con Tonkov e le inconfondibili mani basse sul manubrio, quel lancio della bandana che scaldava i pomeriggi degli italiani, incuriositi e divertiti da quello sport sconosciuto fino a quel momento.

Sarà il giro di Pantani, ma non è una novità. Lui che attirò oltre sette milioni di sportivi davanti alla tv in un duello rusticano con Armstrong al Tour de France. Lui che deceduto, nel cuore della gente, non lo è mai stato.