Sono passati 18 anni da quando quel ragazzetto con l'aria stralunata ha calcato per la prima volta il palcoscenico di un campionato mondiale riservato ai piloti di moto. Correva l'anno 1996 e Valentino Rossi da Tavullia, in Provincia di Pesaro, si accingeva per la prima volta ad affrontare i grandi campioni che da anni dominavano il mondo in lungo e in largo in sella alle loro moto.

Durante il suo primo anno, gareggiando nella classe 125, riuscì ad ottenere addirittura la sua prima vittoria salvo poi aggiudicarsi il mondiale nell'anno successivo per poi passare di categoria ed approdare alla 250.

È l'unico pilota italiano ad aver vinto un titolo mondiale in tutte e tre le categorie presenti, allora erano 125, 250 e 500.

Dopo 18 anni siamo ancora qui ad ammirare le sue vittorie, come se il tempo non fosse passato, come se in questi 18 anni lui sia rimasto sempre quel ragazzetto con l'aria stralunata. In realtà, durante questi lunghissimi anni sono successe tante di quelle cose delle quali solo la metà sarebbero bastate per spingere un pilota che aveva vinto tutto ad abbandonare il mondo delle corse, che tanto gli aveva dato, ma tanto gli aveva anche tolto. La scomparsa di un grande amico come Marco Simoncelli, morto a causa di un terribile incidente in pista. Una tibia fratturata durante un terribile weekend al Mugello nel 2010 che contribuì a fargli perdere un titolo mondiale, e ancora l'approdo in Ducati dove ha vissuto forse i due anni più difficili della sua carriera, con una moto che non gli permetteva di dimostrare tutto il suo valore.

Ce ne sarebbe abbastanza per spingere un pluricampione del mondo a dire basta, ad appendere il casco al chiodo. Ma non per lui, non per Valentino Rossi da Tavullia che una volta riuscito a tornare in Yamaha è riuscito a buttarsi alle spalle quegli anni difficili e a tornare al vertice sorprendendo tutti coloro che lo davano ancora una volta finito.

Oggi Valentino è un campione più maturo, non è più quel ragazzetto incosciente e pieno di talento che vinceva i suoi primi mondiali e per festeggiare faceva il giro d'onore della pista con dietro una bambola gonfiabile, oggi è un pilota consapevole dei rischi che si prende ogni domenica quando sfiora i cordoli a 300 Km/h. Lo fa perché gli piace, perché forse non potrebbe proprio vivere senza, perché in fondo per lui la competizione è vita.

Vederlo gareggiare contro piloti che hanno 15 anni di meno e batterli ci fa capire come, a volte, non è importante l'età, ma è importante l'atteggiamento con il quale ci approcciamo ad una determinata situazione, e questo è sicuramente un grande insegnamento per chiunque, anche per chi non deve salire su una moto e superare i limiti di velocità.