Se il termometro della popolarità di Carolina Kostner fossero i 274.000 like sul sito ufficiale allora si che non potrebbe più pattinare: il calore dei tifosi scioglierebbe i ghiacci perenni nel breve volgere di un triplo flip o di una camel spin, le sue figure tecniche preferite. Invece, il più grande talento mai espresso dallo scivoloso gelo nostrano, tutta loop ed axel, tutta casa ed (ex) Alex, il prossimo 16 gennaio si ritroverà sul patibolo del Tribunale Nazionale Antidoping, con incombente la ghigliottina dei 51 mesi di squalifica proposti dalla Procura del Coni.

Una sorta di spada di Damocle che reclama la sua testa mediatica ed il suo sorriso, avvolgente come trottola sul ghiaccio.

La partita. Se il salto non è pulito, come in gergo si definisce una rotazione incompiuta, sicuramente lo sport pulito qui gioca una partita decisiva per la sua immagine, più che per la carriera di una delle atlete più rappresentative. Quella calma olimpica che la contraddistingue non poteva che essere il preludio ad una medaglia della stessa accezione, a Sochi 2014, dopo le tante vittorie agli Europei ed ai Mondiali di Nizza 2012. Di bronzo stavolta, non come la faccia del suo ex fidanzato che in diretta tv si scioglie in un pianto amaro mentre descrive la difficoltà di star bene con se stesso meno vincente.

Una storia d'amore e di sport

Tutto nasce dall'amore pulito per Alex Schwazer, il campione olimpionico della marcia a Pechino 2008, che viene indelebilmente macchiato da una brutta faccenda di Epo. La droga colma il vuoto mentale di un giovane atleta iridato che non raggiunge più certi risultati e svuota il rapporto tra campioni.

Invece Carolina, dopo le cadute all'olimpiade di Vancouver 2010 ('Quando sono entrata in pista l'unica cosa che volevo veramente era andare a casa' disse di sé per la troppa pressione che le gravava addosso), rialza l'asticella della gioa predicata da mamma Patrizia e macina un risultato dietro l'altro, con impegno, senza obbligo di risultato seguendo ancora il mamma-pensiero.

Unico doping conosciuto, la fatica degli allenamenti tedeschi di Oberstdorf.

Attestati di stima cadono a pioggia tra i dirigenti. Giovanni Malagò, presidente del Coni, dice 'Io avrei fatto lo stesso'. Andrea Gios, presidente della Federghiaccio, ribadisce 'Innocente, le crediamo'. Petizione internazionale in rete. La questione morale è niente al confronto con quanto si sta scatenando anche perché resta tutta da provare la sua conoscenza dei fatti. 'Non coprirei mai chi si dopa. Se avessi saputo che Alex si dopava per il suo bene innanzitutto, l'avrei convinto a confessare. Io non mi sono mai dopata, non l'ho mai aiutato a farlo, e non ne ho saputo nulla fino a che il test è tornato positivo' dice la pattinatrice ad una recente intervista al Fatto Quotidiano.

La forza delle parole si spegne all'improvviso come tattica di guerra studiata a tavolino dai suoi legali. A breve parlerà la (in)giustizia e ci dirà se il doping vale meno di un presunto favoreggiamento e se Carolina sarà al centro dell'attenzione per non aver saputo o per non aver voluto sapere. Lei, abituata ad essere sola al centro della pista, a pregare danzando sull'Ave Maria di Schubert, ora si trova intorno un pubblico moltiplicato dalla solidarietà. Dall'altrui debolezza, che sia di un fidanzato o di un tribunale, giunge forza alla campionessa sempre serena nell'amore per il suo sport; il volo dell'Aquila all'ultimo carnevale di Venezia ben incarna la leggerezza d'animo che nessuna sentenza potrà mai appesantire.