Rubata la medaglia d’oro vinta alle Olimpiadi di Rio De Janeiro da Daniele Garozzo. Il fiorettista italiano, in forza a Frascati Scherma, è stato derubato del prezioso trofeo sul treno Roma/Torino mentre dormiva. Un trofeo che il movimento della scherma Italiana aspettava di riconquistare da vent’anni e che in pochi secondi è andato perso. “Spero me la restituiscano: mi sarebbe piaciuto un giorno mostrarla a mio figlio”, sono state le prime parole del campione Olimpico siciliano a Repubblica.

L'appello su facebook

Oggi, a mente fredda, Garozzo scrive anche un lungo post su Facebook per lanciare un appello al ladro: “Non è stato un bel risveglio su quel treno.

E la delusione è stata fortissima. La medaglia era custodita in uno scrigno e chi l'ha presa avrà creduto di mettere le mani su qualcosa di materialmente prezioso. Per me lo era perché la medaglia aveva il sapore di un percorso portato a termine, un ricordo da condividere negli anni. Ma io sono un "ansioso" ottimista e quindi guardo al futuro e alle altre medaglie che spero di poter conquistare...e quindi non è successo niente di grave se non il furto in se stesso. Se poi me la volessero restituire la rimetterei nel posto dove è giusto che sia...sul comodino vicino al mio letto”.

La speranza che il ladro si ravveda è tanta. Anche perché, conti alla mano, una medaglia d’oro non vale poi molto.

Da cento anni a questa parte, infatti, la quantità di metallo prezioso usata per coniarle è veramente esigua. Mentre il valore per gli atleti è inestimabile.

Garozzo non è il primo atleta derubato di un trofeo. E’ capitato a tanti prima di lui. Furti su commissione come quello all’ex numero 1 del tennis mondiale Pete Sampras che si è visto portare via la maggioranza dei trofei vinti in carriera mentre stava giocando un torneo per vecchie glorie lontano da casa.

Ma in alcuni casi il furto è legato al caso. Come quello all’ex canoista Joe Jacobi: un ladro gli sfonda il vetro dell’auto e tra gli oggetti arraffati prende anche un astuccio. Dentro c’è la sua medaglia d’oro vinta 24 anni prima. Perché era sul cruscotto della macchina e non a casa? Perché per Jacobi quell’oro è di tutti.

E i suoi tifosi ogni volta che lo incontrano vogliono vederlo. Nonostante siano passati così tanti anni.

C’è invece chi come Piotr Malachowski, discobolo polacco argento a Rio, vende la medaglia per necessità: i soldi del ricavato gli servono per curare il figlio di 3 anni gravemente malato. Ricava 75 mila euro che gli permettono di pagare la delicata operazione. “Avete trasformato l’argento in oro”, dirà poi agli acquirenti.