L'ultimo mattoncino lo ha messo su senza versare nemmeno una goccia di sudore, approfittando del ritiro di Milos Raonic (problema muscolare alla gamba, in forse anche la partecipazione ai Masters di Londra), che non è nemmeno sceso in campo. Probabilmente avrebbe preferito giocarsela sul campo e liberare un "c'mon" celebrativo al quindici decisivo, ma la possibilità di esultare sul rettangolo di gioco è solo rimandata di 24 ore. Infatti oggiAndy Murray si contenderà il titolo dell'ultimo Master 1000 dell'anno sul greenset di Parigi-Bercy contro lo "spilungone" statunitense John Isner, che ha sovvertito il pronostico, eliminandoMarin Cilic - fresco vincitore del torneo di Basilea -in appena un'ora e 12 minuti, manco a dirlo a suon di ace (18 in totale).
Una rincorsa partita da lontano
Fino a qualche mese fa, sembrava utopico pensare di poter scalzare Nole dal trono. La rincorsa del tennista di Dunblane (primo britannico a raggiungere questo traguardo dalla nascita dell'ATP, settembre 1972) è iniziata silenziosamente, con brevi ma costanti passettini in avanti, durante la stagione sulla terra rossa (la superficie meno congeniale al due volte campione olimpico), a cominciare dalla semifinale raggiunta a Montecarlo, passando per la vittoria agli Internazionali d'Italia e culminata sull'erba di casa a Wimbledonquando è riuscito, proprio superando in finale Raonic, a bissare lo storico successo del 2013 (77 anni dopo Fred Perry, Murray era riuscito a riportare il trofeo nelle mani dei britannici).
Come lui stesso ha affermato, l'ultimo passo per insediarsi sul gradino più alto è stato il più complicato, perché frutto di un percorso lungo e tortuoso, che ha previsto costanza di prestazioni e di risultati, preparazione fisica, lungimiranza e intelligenza nelle scelte di calendario e nel gestire i riposi, tutte variabili trasversali che concorrono al successo (o non) di un tennista.
Oggi 6 novembre - Isner permettendo (i precedenti sono di 8/0 per Murray, includendo la Hopman Cup 2011, competizione a squadre gestita dall'ITF che non dà punti per l'ATP e una sfida in Coppa Davis l'anno scorso) - il campione scozzese potrebbe ottenere l'ottavo titolo stagionale, a coronamento della sua migliore stagione, portando così a 405 punti il vantaggio su Djokovic.
Un'occhiata al futuro: chi raccoglierà il testimone?
È lecito pensare a un'immediata risposta di Djokovic, sebbene il serbo debba difendere una serie di vittorie nei principali tornei a venire (è campione uscente a Melbourne, Indian Wells, Miami e al Roland Garros, oltre al 250 di Doha), il che di per sé sarebbe già un'impresa.
I nomi sulla bocca degli esperti sono principalmente quattro: il canadese Milos Raonic (attuale nr.5 ATP), che vanta come miglior risultato la finale di Wimbledondi quest'anno persa proprio contro lo scozzese; l'austriaco Dominic Thiem (8), già semifinalista al Roland Garros; l'australiano Nick Kyrgios (14), che ha come maggior ostacolo se stesso, e il tedesco di origini russe Alexander Zverev (21), non ancora ventenne.
Per ora, a gioire è il ragazzone nato a Glasgow, spesso criticato per un atteggiamento biasimevole, per l'eccessiva suscettibilità che esterna attraverso gesti di stizza e grida, accompagnati da un linguaggio corporale tendente al negativo e, più in generale, per la "scarsa simpatia" che trasmette dal campo di gioco. Tutti elementi che, se visti da diversa angolazione, contribuiscono a farne il campione che è diventato, il numero uno del Tennis.