Nel basket, così come in tutti gli altri ambiti, l'esperienze è un fattore di fondamentale importanza.

Grazie a questa ogni giocatore ha la possibilità di comprendere maggiormente alcuni meccanismi del gioco e, allo stesso tempo, migliorare, gradualmente, nello stile e nella gestione del gioco.

L'esperienza, però, non è solamente dettata da ciò che viene fatto in campo ma anche da ciò che una determinata competizione offre.

E' proprio questa la nota dolente della nostrana LegaBasket serie A che, anche a causa dell'invasione straniera nel massimo torneo, non solo impedisce la crescita delle giovani "stelle" (sia nazionali che straniere) ma impedisce di "sbocciare" definitivamente nella pallacanestro che conta.

Tutto ciò è dimostrato da diversi fattori che sono individuabili nelle debacle continue nelle coppe europee (negli ultimi anni, escludendo Eurochallenge ed Eurocup, ci sono stati solo fallimenti) e in una programmazione praticamente nulla, che si esplicita attraverso cambi continui di roster, nei vari club nazionali.

La soluzione a questa situazione insostenibile, quindi, si esplicita attraverso il flusso migratorio che ha portato diversi nostri rappresentanti a preferire i campionati esteri, più competitivi e con ampie possibilità di esprimersi in Eurolega, a quello di Lega A.

Oltre ai noti Datome, Hackett, Melli e Bargnani (tornato in Europa questa stagione dopo l'agrodolce esperienza NBA), il caso di Alessandro Gentile, approdato da poche ore ai greci del Panathinaikos (squadra che fu anche di papà Nando), esprime tutto il disagio che i nostri "campioncini" affrontano nello stivale.

Divenuto ormai un peso per Milano, anche a causa di prestazioni non proprio di alto livello, Gentile si è trovato a decidere se continuare a stentare in una squadra come quella meneghina o approdare ad altri "lidi" per migliorarsi e fare, successivamente, il grande salto nel Basket che conta.

La decisione di Gentile, così come quella degli altri atleti citati, mostra tutte le pecche di una competizione nazionale ormai allo sbando: livello sportivo medio-basso (anche a causa degli eccessivi "americani a mezzo servizio" presenti), visibilità praticamente nulla e programmazione inesistente (dovuta soprattutto ad una classe dirigente in balia dei "potentati" di turno).

A tutto ciò si aggiunge anche l'eterna insoddisfazione di dirigenti e tifosi dell'Olimpia Milano che, dopo aver puntato più volte sul talento di Maddaloni, si sono improvvisamente accorti che non c'era più spazio per lui in squadra e che era arrivato il momento di cambiare.

Nonostante il rammarico per la perdita (sportiva) di una stella come Gentile, si può essere felici per questa dolorosa scelta che, come accaduto negli altri casi, porterà sicuramente una maturazione sul campo e una maggiore visibilità a livello internazionale.