Non c'è sport più letterario e cinematografico. Storie di uomini forti, di coraggio, vicende umane così inossidabili all'apparenza, ma talvolta fragili come cristallo. La boxe è questo ed è molto di più, nella fantasia della gente, nella ricerca costante di simboli che vanno al di là della pura e semplice attività agonistica. La boxe non si è mai fermata, eppure la grande boxe c'era mancata davvero tanto. Inutile dire che i pesi massimi sono la categoria regina del pugilato ed un campione in grado di mettere tutti d'accordo, di esaltare le fantasie degli sportivi indipendentemente dalla nazionalità, manca ai pesi massimi dai tempi di Mike Tyson.

Quel pugile, probabilmente, è nato la scorsa notte a Wembley, dinanzi a circa 90 mila persone entusiaste per una battaglia epica, paragonabile a tanti match del passato che hanno creato la storia e la leggenda della boxe. Il mondo dello sport applaude Anthony Joshua, figlio d'Africa, suddito di Sua Maestà Elisabetta II, ufficialmente 're della categoria regina'. Meno di quattro anni fa è diventato professionista e da allora nessuno è mai rimasto in piedi sotto i suoi colpi. Si diceva di lui che non avesse mai avuto un avversario di grande livello, nonostante il titolo mondiale IBF conquistato l'anno scorso. Oggi Joshua è un campione vero: che fosse un micidiale picchiatore era già noto, ma nella sfida finora più importante della sua carriera ha dimostrato di saper soffrire, di avere pazienza, coraggio ed una giusta dose di umilità.

La grande boxe risorge con lui.

Un match che riconcilia con il pugilato

Wladimir Klitschko, il vecchio campione che ha dominato la scena per quasi un decennio, ha tentato l'impresa impossibile. Il 'Dr Steelhammer' ha scritto e riscritto tante volte la sua storia personale, insieme a quella dello sport a cui deve le sue fortune.

Ritrovarsi a combattere per il titolo mondiale ad un anno e mezzo dal suo ultimo incontro in cui era stato detronizzato dalla meteora Tyson Fury, contro un avversario più giovane di lui di ben 14 anni (41 contro 27), era l'ultima occasione di aggiungere quel tassello che lo avrebbe fatto entrare di diritto nel mito. Nel mito della boxe entrerà probabilmente il quinto round del combattimento valido per i titoli IBF, WBA e IBO.

Dopo una fase di studio, infatti, Joshua piazza il suo gancio sinistro ed il gigante ucraino vacilla, si difende come può prima di cadere in ginocchio e riprendere fiato. Si rialza, consapevole di un avversario a caccia del colpo risolutore, si appella all'orgoglio ed al suo destro che è ancora quello dei tempi migliori, sorprende il giovane campione e lo fa vacillare. Il bello della boxe è anche questo, la possibilità di ribaltare un incontro in pochi secondi. Ma bisogna essere campioni veri e Wladimir Klitschko non deve dimostrare più nulla a nessuno. Così nel sesto round va nuovamente a segno con il destro mandando Joshua al tappeto: ora è l'idolo di casa sull'orlo del K.O., ma il colpo finale non arriva.

Cuore di campione

Questione di tempo, Joshua non sembra poter reggere il confronto. Sono alcuni dei commenti che accompagnano i round successivi letteralmente dominati da Klitschko, nettamente in vantaggio ai punti. Il giovane britannico, che vanta un personale di 18 vittorie prima del limite su 18 incontri da professionista, non è mai andato oltre la settima ripresa e, da come si stanno mettendo le cose, si ha la netta impressione che solo mettendo al tappeto l'esperto avversario potrà uscire da questa palude. L'urlo di Wembley è incessante, Anthony Joshua fa valere la maggiore freschezza atletica e torna a vincere un round, il decimo. Ne mancano due alla fine, il momento è quello decisivo: suona il gong e si avventa sull'avversario, stanco e sorpreso.

Va a segno con il montante, Klitschko crolla al tappeto, le sue 'lampadine' iniziano pericolosamente a lampeggiare. Il suo ultimo sussulto è dettato dall'orgoglio, deve restare in piedi e giocarsi tutto nell'ultima ripresa: la serie di Joshua non lo fa respirare e lo stende per la terza volta. Ci riprova ancora, Joshua lo bombarda e costringe l'arbitro a sospendere l'incontro. Il vecchio campione ha dunque disputato, probabilmente, l'ultimo match della sua straordinaria carriera che nulla toglie alla sua incredibile parabola che lo ha proiettato da tempo nell'Olimpo dei più grandi. Quella medesima immortalità sportiva a cui Anthony Joshua può giustamente ambire, a partire da ieri sera.