L'edizione 101 del Giro d'Italia vede per la prima volta il suo inizio con una tappa fuori dall'Unione Europea. La scelta è ricaduta sulla città di Gerusalemme, capitale di Israele e dello Stato di Palestina, ma questa scelta ha portato non poche critiche agli organizzatori e molte polemiche. Israele, da anni, è impegnata in una guerra con le popolazioni autoctone della regione, guerra iniziata dopo l'occupazione militare del 1947, e da allora i due popoli, quello palestinese e quello appena giunto israeliano, hanno intrapreso una serie di scontri bellici, portando il popolo palestinese a subire vere e proprie segregazioni razziali, come nel caso di Gaza, di Ramallah o Jenin.

È quello che doveva essere un semplice evento sportivo, il Giro più bello del mondo assieme al Tour francese, si è trasformato in una lotta politica tra le due fazioni, proprio per la delicatezza dei luoghi in cui si svolgerà l'evento.

Il caso di Gerusalemme Ovest

Ad alimentare le proteste, inizialmente, è stata la dicitura "Gerusalemme Ovest" sul Garibaldi del Giro 101. Le autorità sioniste hanno voluto eliminare quell'"Ovest" dalla parola Gerusalemme per indicare che non esistono due nazioni conviventi, ma una sola nazione, Israele, per l'appunto. Allora, ci viene da chiedere, chi sono i palestinesi? Figli di una terra che non possono considerare propria, ammassati in piccole città che diventano veri e propri campi di concentramento, impossibilitati a viaggiare, è vietato loro prendere un aereo, spostarsi in un'altra città, possedere qualcosa.

Le leggi imposte dai sionisti ai palestinesi ricordano quelle imposte dai nazisti allo stesso popolo ebraico appena 80 anni fa. Le denunce sociali non sono mancate negli anni, in molti hanno denunciato il "genocidio" di ciò che sta avvenendo in Palestina, ma le autorità mondiali non rispondono al grido di aiuto di un popolo che ogni giorno diventa più piccolo, poiché ogni giorno qualche palestinese muore sotto i colpi dei fucili sionisti.

Alaa al-Dali, il ciclista senza una gamba

Simbolo di questa protesta è Alaa al-Dali, ex ciclista che durante la "Manifestazione del Ritorno", una marcia del tutto pacifica, del 30 marzo scorso, è stato colpito da una pallottola sparata da un soldato sionista per disperdere i manifestanti. Questo è il paese che ospiterà il Giro, un paese che non accetta idee diverse dalle proprie e le reprime con il piombo.

Proprio Alaa sul portale Middle East Eye ha rilasciato un'intervista in cui diceva che "far partire il Giro da Gerusalemme equivale a incoraggiare la violenza israeliana".

'Restiamo Umani'

Intanto il mondo starà in silenzio, come sempre, a guardare il giro, in attesa che qualcuno faccia qualcosa, mentre ogni giorno i palestinesi vengono privati delle loro case, scacciati e rinchiusi in città-ghetto. Tutto per avere una posizione occidentale in medio-oriente. Tutto a discapito di milioni di innocenti. E in tutto questo, eventi sportivi che dovrebbero unire, diventano sinonimi di discordie e di "diktat", diventano strumenti politici in mano a gente senza scrupoli. E mentre tutto ciò avviene, ritornano in mente le parole di Vittorio Arrigoni, con cui era solito chiudere ogni suo articolo: "Restiamo Umani", nella speranza che il mondo possa ascoltare e capire.