Con le prime pedalate date al Sibiu Cycling Tour e una sola settimana d’attesa per arrivare alla Strade Bianche che segnerà il riavvio della stagione World Tour, il Ciclismo professionistico si sta ormai rimettendo in moto. La ripresa non sta però arrivando senza dubbi su come sarà il ciclismo del post lockdown, su tutti i rischi, i problemi e le situazioni con cui i corridori, gli staff delle squadre, gli organizzatori e tutte le altre parti coinvolte dovranno convivere. Davide Martinelli e Fabio Felline, i due corridori italiani della Astana, hanno affidato i loro interrogativi in un'intervista a Tuttobici, in cui hanno parlato a lungo anche del ciclismo virtuale che ha imperversato in questi ultimi mesi.
‘La paura del gruppo’
Ancora una settimana e poi il grande ciclismo del World Tour ripartirà con la Strade Bianche, la corsa senese degli sterrati che metterà fine a quattro mesi e mezzo di inattività in cui lo sport è stato sovrastato da problemi ben più grandi. Nella corsa toscana sarà al via anche Fabio Felline, il corridore piemontese della Astana, attualmente in ritiro a Livigno con l’altro italiano del team, Davide Martinelli e il resto della squadra.
Felline e Martinelli stanno vivendo le incertezze di questo periodo così strano, che porta verso la ripresa dell’attività. I due corridori hanno vissuto in una sorta di bolla nelle ultime settimane, allenandosi in altura con la base in un hotel che la squadra occupa in esclusiva, per evitare ogni tipo di contatto con il mondo esterno.
I corridori del team sono stati divisi in diversi gruppi, che di fatto vivono e si allenano ognuno per contro proprio. In questo clima surreale i due ciclisti si sono posti diverse domande su quanto potrà accadere alla ripresa dell’attività e quali rischi ci saranno.
“La paura più grande attualmente forte è il gruppo” hanno dichiarato i due atleti della Astana sottolineando come alle corse delle prossime settimane “ci saranno atleti di ogni parte del mondo, in alcune gare ci saranno team che non hanno seguito protocolli rigidi come il nostro”, hanno continuato Felline e Martinelli, spiegando come la vita all’interno del gruppo non sia così semplice da far andare d’accordo con le regole sanitarie.
“L’Uci ci chiede di soffiare il naso con i fazzoletti” hanno ricordato i due ciclisti chiarendo che sarà difficile evitare di passarsi le borracce o i gel.
Work in progress at the training camp in Livigno, Italy. #AstanaProTeam #RaiseTheBar #Corima #CorimaWheels pic.twitter.com/W9VcV7or4h
— Astana Pro Team (@AstanaTeam) July 22, 2020
Martinelli: ‘Si stava perdendo il senso del ciclismo’
Davide Martinelli ha poi parlato del ciclismo virtuale che è stato tanto in voga nei mesi scorsi in cui pedalare all’aperto era impossibile.
Grazie alle nuove generazioni di rulli e alle tecnologie sempre più sofisticate è stato possibile organizzare delle gare virtuali, sia tra campioni che tra ciclisti di ogni livello e parte del mondo. Questo nuovo modo di utilizzare la bicicletta ha dato l’occasione di pedalare indoor con delle motivazioni in più durante il lockdown, ma in tanti hanno evidenziato come i risultati delle gare non abbiano un reale valore tecnico e come il ciclismo su strada non possa essere sostituito da nessuna tecnologia.
Così la pensa anche Davide Martinelli, convinto detrattore del ciclismo virtuale. “Si stava perdendo il senso del ciclismo” ha dichiarato il corridore della Astana a proposito del dilagare di gare virtuali.
“I campioni nei test e sui rulli non sono quelli su strada. Un giorno stavamo facendo una competizione online, ho ricevuto un messaggio da Philippe Gilbert che si lamentava per quanto andassero forte i concorrenti. Non esiste un mondo in cui i cicloamatori levano di ruota virtualmente i professionisti”, ha concluso il ciclista.