Simone Biles, da molti considerata la più grande ginnasta di sempre (19 medaglie d'oro ai Campionati del Mondo, 4 medaglie d'oro ai giochi di Rio 2016 e favorita al concorso individuale a Tokyo 2020), ha detto stop. Il giorno 27 luglio, durante la gara, Biles ha sbagliato il primo volteggio, riuscendo a compiere solo una delle due torsioni che avrebbe dovuto svolgere prima di atterrare. Così, la squadra americana è riuscita a ottenere solo l'argento, alle spalle della Russia. La notizia del ritiro della ginnasta statunitense dalla competizione a squadre (e, successivamente, anche da quella individuale) durante gli attuali Giochi Olimpici ha fatto il giro del mondo, destando pareri contrastanti.

Il coraggio di arrendersi

Simone Biles sentiva da tempo il peso immane dei suoi successi. Non a caso il New York Times aveva scritto quanto la ginnasta non vedesse l'ora che i giochi olimpici giungessero al termine, già tediata dal rinvio degli stessi di un anno. Ciò è stato confermato proprio dal discorso che l'atleta statunitense ha pronunciato infatti dopo il suo ritiro, in cui ha dichiarato di non riuscire più a divertirsi come prima, di aver accettato di partecipare ai Giochi Olimpici più per pressione altrui che per propria volontà e di avere dei "demoni" con cui confrontarsi.

Ciò non sorprende se si pensa ai trascorsi di Simone Biles, tutt'altro che facili: la madre dipendente dall'alcol e più volte incarcerata, gli affidamenti continui, l'adozione nel 2003, gli abusi di Larry Nassar.

Eppure la ginnasta non si è mai arresa e ha vissuto una vita consacrata alla sua più grande passione, diventando una delle più grandi campionesse mondiali.

La forza di dire 'basta'

"Voglio stare bene, c'è una vita oltre alla ginnastica", queste le parole di Simone Biles che nascondono un messaggio importantissimo. Il suo gesto ha ricordato infatti a tutto il mondo che non siamo i nostri successi, i nostri errori, non siamo un voto o uno stipendio, ma siamo semplicemente uomini fatti di forza e fragilità, di vittorie e cadute, di lezioni che la vita ci regala costantemente nei momenti più difficili.

Biles non solo ha scelto di non continuare le competizioni ma, cosa più importante, di non nascondersi, di non cercare una scusa, di non imputare il ritiro a un malessere fisico. È riuscita a capire quando è necessario fermarsi, accettare le proprie fragilità e, se ne è il caso, chiedere aiuto, e lo ha fatto su un palcoscenico di risonanza mondiale come quello delle Olimpiadi.

Forse il mondo non capirà immediatamente l'insegnamento che Biles e altri prima di lei (basti pensare a Kevin Love o Naomi Osaka) ci hanno offerto tramite la loro messa a nudo. Ma il ritiro di un'atleta durante i Giochi Olimpici è fortemente simbolico: ha il compito di dimostrare a tutti che è importante (e necessario) porre la propria salute mentale prima di ogni cosa, prima di ogni vittoria e medaglia d'oro. Ed è questo che fanno i campioni, quelli veri.