"I ciclisti dovrebbero procedere a gruppi, in coppie, così da essere più visibili, ogni incidente che mi è capitato ero sempre da solo, e colpito da dietro": ad esprimersi così a MilanoToday Omar Di Felice, famoso ultracyclist di 42 anni che nella sua carriera ha percorso mezzo mondo in sella alla bicicletta, chiamato ad esprimersi sul tema della sicurezza nel mondo del ciclismo, un argomento sempre più delicato a seguito dei casi di cronaca degli ultimi mesi relativi agli incidenti stradali occorsi nella zona del milanese.

Le dichiarazioni di Omar di Felice sulla sicurezza dei ciclisti

Nel corso dell'intervista, Di Felice è partito da un assunto: "Quando si affronta il tema della sicurezza non è possibile mettere tutti sullo stesso piano, poichè ci sono le biciclette, che se sbagliano fanno del male sostanzialmente solo a se stessi, mentre se sbaglia un automobilista poi le ricadute sono anche su altri".

Secondo l'ultracyclist le città dovrebbero avere delle zone nelle quali gli automobilisti vengano limitati nella loro velocità, così da garantire maggiore sicurezza: "La velocità è la chiave degli incidenti mortali, poichè se colpisco qualcuno a circa 20/30 all'ora è un discorso, se lo travolgo oltre i 50 posso anche causare gravi danni".

"A mio avviso non è corretto diffondere l'idea che le strade non sono sicure, bisognerebbe educare invece all'uso, poichè se diciamo di non usare la bicicletta avremo sempre un ciclista in meno ed un'auto in più invece di puntare sull'uso di mezzi leggeri" ha proseguito.

La questione della responsabilità

Secondo Omar Di Felice quando si viaggia su strada "non basta purtroppo controllare quello che si sta facendo ma bisogna sempre considerare anche quello che fanno gli altri.

E su questa situazione dobbiamo intervenire, ma senza inventarci nulla, solo limitando la possibilità ai veicoli di sfrecciare per le città".

L'ultracyclist ha continuato affermando che "bisogna mettere delle regole nuove e chiare, se un camion sta transitando in città, è lui l'elefante e gli altri dei topolini; ed è l'elefante che deve essere obbligato a stare attento agli altri, non viceversa".

"Quando si gareggia ed accade una caduta, la situazione è organizzata per essere pronti ai soccorsi e limitare i danni, mentre quando si è in strada è tutto più difficile: gli incidenti mortali in gara sono ormai limitati, mentre in strada sono troppo frequenti, rendendo il traffico aperto decisamente più pericoloso di una gara ufficiale".

Secondo Di Felice infine "non serve introdurre polizze o obblighi per i ciclisti, ma seguire l'esempio di altri paesi, modernizzandoci".