A 47 anni per Óscar Sevilla non è ancora arrivato il momento di appendere la bicicletta al chiudo. Già grande speranza del ciclismo spagnolo, travolto poi dall'Operación Puerto, l'indagine spagnola relativa al doping sportivo, Sevilla sta continuando a pedalare e a vincere in una piccola squadra colombiana, il Team Medellín. In questa sua seconda carriera, rinata dalle ceneri dello scandalo doping e dalla realtiva squalifica, il corridore spagnolo ha girovagato in corse negli angoli più improbabili del mondo e recentemente è tornato alla ribalta grazie al successo nel Tour of Hainan, breve gara a tappe cinese.

In questa occasione Sevilla ha rilasciato un'intervista a Relevo, in cui ha raccontato la sua nuova vita, rivelando di non avere rimpianti per il passato e di ritenere di subire più controlli rispetto ai big del Ciclismo: "Faccio trenta o quaranta controlli all'anno, nel World Tour c'è chi ne fa due".

Ciclismo, Sevilla dal debutto allo scandalo doping

Óscar Sevilla, classe 1976, iniziò la sua carriera nel ciclismo professionistico nel lontano 1998, la stagione della doppietta Giro - Tour di Pantani. Soprannominato El Niño per la sua faccia da eterno ragazzino, Sevilla diventò la grande speranza del ciclismo spagnolo, grazie alle doti da scalatore che ne facevano immaginare un grande futuro nelle corse a tappe.

Dopo un promettente secondo posto alla Vuelta 2001, la sua carriera però non sbocciò mai completamente e si inabissò nell'Operación Puerto, l'inchiesta antidoping esplosa nel 2006 che lo portò a una squalifica e a una faticosa ripartenza ai margini del ciclismo che conta. Oggi Sevilla, a 47 anni, corre ancora in una piccola squadra colombiana.

"Corro per passione e non per necessità - ha dichiarato il corridore spagnolo a Relevo - In corsa alcuni avversari mi dicono che per loro sono una motivazione, altri che ho corso insieme al padre". Sevilla ha ritrovato equilibrio e serenità dopo gli anni turbolenti dell'Operación Puerto, di cui divenne uno dei simboli negativi nell'immaginario collettivo.

'Ho la coscienza pulita e non cambierei niente'

"Prima quando leggevo dei commenti andavo su tutte le furie, ora mi faccio una risata. Non ho niente da dimostrare, non voglio più tornare su quelle polemiche", ha dichiarato Sevilla, che però ha lanciato una non tanto velata allusione ai big del ciclismo attuale. "Ho il passaporto biologico dal 2008. Faccio 30 o 40 controlli antidoping all'anno, pochissimi corridori ne fanno altrettanti. In Europa ci sono certamente dei corridori del World Tour che non ne fanno neanche due. Chi imbroglia ha pane per oggi e fame per domani. Io sono nel ciclismo da 25 anni, vinco delle corse in ogni stagione, sempre davanti, senza alti e bassi. Chi mi vuole credere mi creda, chi non vuole, non creda", ha commentato il corridore spagnolo.

Óscar Sevilla ha spiegato che negli anni che hanno portato all'esplosione dell'Operación Puerto il ricorso al doping era diffuso, ma che solo alcuni corridori hanno pagato: "C'era un sistema. Eravamo in squadre che hanno fatto qualcosa di sporco. Hanno preso dei corridori in gruppo, è toccato a noi. Io ho la coscienza pulita. Non devo cambiare nulla del mio passato, mi sento orgoglioso di tutto quello che ho fatto nella mia carriera nel ciclismo".

Sevilla vive da anni in Colombia con la moglie e i figli: "Prima dell'Operación Puerto guadagnavo molto di più di ora, ma non ero così felice. Quando mi sono trasferito in Colombia, nei primi anni, mia madre veniva a trovarmi e mi diceva che non mi aveva mai visto così bene. Ed è così. Sono felice, ho la mia famiglia, sono in salute e faccio quello che voglio".