Era il gennaio di quarant'anni fa, il 1984, quando tutte le attenzioni del mondo dello sport si concentravano sul Messico e sul tentativo di record dell'ora di Francesco Moser. Il campione trentino aveva annunciato di voler battere il primato stabilito nel 1972 da Eddy Merckx, il più vincente campione della storia, seguendo un progetto rivoluzionario. Con una preparazione scientifica e tecnologie per quei tempi all'avanguardia che cambiarono uno sport molto legato alla tradizione come il ciclismo, Moser riuscì nell'impresa portando il record a 51,151.

Il successo del campione fu però un po' offuscato dalle critiche per il ricorso a pratiche poi vietate dall'antidoping. "Le polemiche su Conconi e Ferrari mi hanno disturbato, ma fanno parte della storia del record e basta" ha commentato Moser a pochi giorni dal quarantennale dell'impresa.

Ciclismo, Moser: 'Molti erano scettici'

Il progetto del record dell'ora scaturì dall'Equipe Enervit, un gruppo di cui facevano parte anche Francesco Conconi e Michele Ferrari, medici poi dichiarati colpevoli di reati legati al doping. Usando materiali innovativi, una ricerca rivoluzionaria sul ruolo dell'aerodinamica e dei sistemi di preparazione che poi sarebbero stati vietati dai regolamenti antidoping, come le autotrasfusioni, l'Equipe Enervit e Moser riuscirono a demolire il vecchio record che apparteneva a Merckx.

Il campione trentino volò in Messico per sfruttare i vantaggi dell'alta quota e per preparare l'assalto al record con una cura sconosciuta nel Ciclismo di allora. Il 19 gennaio, Moser scese in pista una prima volta, portando il record a 50,808, quasi un chilometro e mezzo in più di Merckx. Quattro giorni dopo, la replica, con un nuovo tentativo e la storica misura di 51,151, che è rimasta imbattuta per quasi dieci anni.

"Ho creduto in qualcosa in cui credevano in pochi, anzi, moltissimi erano scettici" ha ricordato Francesco Moser a pochi giorni dal quarantennale dell'impresa.

L'ex campione ha sminuito le accuse di chi ritiene il suo record figlio dei sistemi di Conconi e Ferrari, allora perfettamente leciti ma poi vietati qualche anno dopo dalle nuove regole antidoping.

"Mi sono adattato velocemente al nuovo sistema di preparazione. Le polemiche sui professori Conconi e Ferrari, e sull'autoemotrasfusione, mi hanno disturbato, certo, ma fanno parte della storia del record e basta" ha replicato Moser.

Francesco Moser ha raccontato che il primo tentativo del 19 gennaio doveva essere in realtà solo una prova di una ventina di chilometri. Solo durante il test, il campione decise di proseguire e di andare fino in fondo all'ora. Moser ha poi ricordato il valore storico di quel record, che tracciò un solco con il ciclismo delle generazioni precedenti e costruì un ponte verso il futuro e le nuove tecnologie. "Ho portato la bici sulla luna, tutto il ciclismo moderno è figlio di quell'esperienza" ha commentato Moser.

La sfida al tempo, il nuovo tentativo a 42 anni

La storia tra Francesco Moser e il record dell'ora ebbe poi una clamorosa e suggestiva appendice dieci anni dopo, nel gennaio del 1994. Il campione, ormai 42enne, aveva chiuso la carriera da anni, ma volle ricomporre quel gruppo che lo portò al record del 1984 per tornare in bici e riprovare un nuovo assalto. Nel frattempo il record era stato battuto nei mesi precedenti da Graeme Obree e Chris Boardman, due britannici specialisti del ciclismo su pista, che utilizzarono delle strane bici avveniristiche.

Nel gennaio del '94, Moser partì nuovamente per il Messico per la sua sfida al record e al trascorrere del tempo. Nonostante i 42 anni, il campione trentino batté il suo primato di dieci anni prima arrivando a 51,840, senza però raggiungere il limite fissato da Boardman.

Tutti questi record ottenuti con biciclette speciali sono stati poi riclassificati dall'Uci come "miglior prestazione" e non come record dell'ora. Attualmente il record deve essere stabilito solo con biciclette regolamentari, come quella con cui Filippo Ganna ha fissato il limite a 56.792.