"Non bisogna rimanere bloccati nel passato, ma ovviamente all'inizio è stato molto difficile": così si è espressa in un'intervista all'emittente tv belga Sporza Femke Van den Driessche, protagonista nel 2016 del primo e fin qui unico caso accertato di doping tecnologico della storia del ciclismo.

Era il 31 gennaio del 2016, durante i Mondiali di ciclocross di Zolder, quando esplose il caso. Dopo tanti dubbi, voci, illazioni sul possibile uso di motorini nascosti nelle biciclette da parte di qualche campione, un controllo effettuato durante la rassegna iridata del ciclocross svelò una frode.

In una delle bici di un'atleta 19enne, per l'appunto la belga Femke Van den Driessche, fu trovato il famigerato motorino.

La ragazza fu squalificata per ben sei anni e da allora si è ricostruita una nuova vita fuori dal ciclismo. Intervistata come accennato dalla tv belga Sporza, la Van den Driessche ha raccontato la sua versione dei fatti, ribadendo la sua innocenza ed ammettendo di essere riuscita a superare il trauma di quella storia. "Non bisogna rimanere bloccati nel passato, ma ovviamente all'inizio è stato molto difficile" ha raccontato l'ex ciclista.

'Ho messo tutto alle spalle'

Quello di Femke Van den Driessche resta ad oggi l'unico caso accertato di doping tecnologico, i famigerati motorini nascosti nelle bici di cui da tanti anni si parla.

La storia di quella ragazza belga trovata con una bici truccata e squalificata per sei anni mentre tutti i controlli effettuati nel World Tour non scovavano nulla, fece molto rumore nel mondo del ciclismo. Van den Driessche non è più tornata a correre dopo quell'episodio e si è allontanata dal ciclismo. "Sto bene, ho due figli piccoli e lavoro nell'azienda dei miei genitori" ha raccontato l'ex ciclista ora 27enne.

"Mi sono messa tutto alle spalle, non bisogna rimanere nel passato, anche se ovviamente all'inizio è stato molto difficile. Tutti avevano un'opinione su di me" ha continuato Van den Driessche, spiegando di dover ringraziare la sua famiglia per averla aiutata a superare il momento più critico, in cui ha rischiato di essere travolta.

L'ex ciclista ha raccontato di amare ancora il ciclismo. "Anche se lo seguo meno di prima continuo a pensare che sia uno sport bellissimo. Il mio corridore preferito? Cancellara" ha risposto la Van den Driessche.

L'amico: 'Fu un malinteso, quella bici era mia'

Per ricostruire quanto avvenne otto anni fa a Zolder, Sporza ha rintracciato anche un amico dell'ex atleta, Nico, presunto proprietario della bicicletta incriminata. Quando la frode fu accertata, Van den Driessche si difese dicendo che quella bicicletta, su cui era scritto il suo nome, in realtà non era sua, ma del suo amico Nico. "Quel giorno mi è crollato il mondo addosso, ho ricevuto delle minacce, mi davano la colpa di tutto" ha raccontato, sostenendo di aver comprato quella bici dall'amica.

"Era veramente mia quella bici. L'avevo comprata da Femke, volevo una bici per allenarmi ma non ero più così in forma. Così dopo averla presa, l'ho smontata e ci ho messo quel motorino. Ho fatto un giro sul percorso dei Mondiali, poi per sbaglio la mia bici è stata presa dai meccanici e portata al deposito dei materiali. Su quella bici c'era il nome di Femke, è ovvio perchè l'avevo comprata da lei" ha raccontato l'amico dell'ex ciclista spiegando la sua versione dei fatti.

"E' stato tutto un malinteso. Ho passato un periodo difficile, ma ora ho ritrovato la pace, ogni tanto con Femke ci rivediamo" ha raccontato Nico, aggiungendo un particolare un po' inquietante. Dopo quella storia, alla sua porta avrebbero suonato molti corridori. "Più di venti corridori mi hanno chiesto di montargli un motore nella bicicletta" ha dichiarato l'amico di Femke Van den Driessche, che però non ha mai esaudito quelle richieste.