Talmente bella da diventare un'ossessione, quando è a portata di mano ma non arriva, per un motivo o per un altro. La medaglia d'oro olimpica è importante anche per atleti che hanno già vinto tutto in altri eventi e la mancanza alla fine viene considerata una lacuna. Una sorta di maledizione.
Questo non riguarda un singolo atleta o una determinata squadra, ma anche un intero movimento sportivo. Il calcio brasiliano è un esempio lampante, la nazionale che ha vinto più titoli mondiali ha dovuto attendere le Olimpiadi casalinghe del 2016 per salire sul gradino più alto del podio dopo aver raccolto tre medaglie d'argento e due bronzi.
Per certi versi la situazione era paragonabile a quella dell'Italia del volley maschile colpita da una 'maledizione' che si trascina ancora oggi, alla vigilia delle Olimpiadi di Parigi 2024.
Italvolley alle Olimpiadi: l'unico neo della generazione d'oro
L'esplosione del volley italiano risale agli anni '90, alla nazionale guidata da Julio Velasco, lo squadrone di Zorzi, Lucchetta, Cantagalli e Giani. Tre titoli mondiali consecutivi e un dominio praticamente assoluto, l'Italia che aveva conquistato il suo primo alloro iridato in Brasile due anni prima era la grande favorita alle Olimpiadi di Barcellona 1992 ma si sarebbe inceppata nei quarti di finale al tie-break al cospetto dell'Olanda. Gli azzurri si prenderanno la loro rivincita contro gli olandesi superandoli in finale ai Mondiali in Grecia del 1994 e si presenteranno ancora da favoriti ai Giochi di Atlanta 1996.
Quella splendida squadra stavolta giunge fino alla finale e l'avversaria è ancora l'Olanda: daranno vita a una delle partite di pallavolo più belle e intense di sempre, ma come quattro anni prima a Barcellona anche negli Usa il tie-break sarà fatale ai ragazzi di Velasco. “Se c'era qualcosa in più che potevamo fare – dirà lo stesso Julio Velasco ricordando quella finale – noi non lo sapevamo.
Chi vince festeggia, chi perde spiega”.
La generazione d'oro del volley italiano vincerà il suo terzo titolo mondiale in Giappone nel 1998, guidata in panchina da Bebeto. Nei decenni successivi l'Italvolley sfiorerà in altre due circostanze il titolo olimpico, battuta dal Brasile in finale sia ad Atene 2004 che a Rio 2016. Il bottino azzurro ai Giochi è di 6 medaglie, 3 d'argento e altrettante di bronzo, manca il metallo più prezioso.
A Parigi però si presenteranno nuovamente da campioni del mondo in carica dopo il quarto titolo vinto nel 2022 e il 27 luglio esordiranno nel turno preliminare contro il Brasile, un autentico big-match per Simone Giannelli e compagni. La caccia all'oro riparte.
Il sogno olimpico dell'eterna Merlene
Sette partecipazioni alle Olimpiadi, da Mosca 1980 ad Atene 2004, è stata in pista fino alla veneranda età di 52 anni. Merlene Ottey è la donna dei record per quanto riguarda la longevità nell'atletica leggera, purtroppo il suo rapporto con i Giochi è sempre stato problematico. Ha raccolto 9 medaglie, 3 d'argento e 6 di bronzo, ma non è mai riuscita a salire sul gradino più alto del podio. La prima medaglia per la velocista giamaicana arriva sui 200 metri ai Giochi di Mosca 1980, è un bronzo che verrà bissato nell'Olimpiade successiva, Los Angeles 1984, sia nei 100 che nei 200 metri.
Nessuna medaglia ai Giochi successivi, quelle di Seul 1988 sono le Olimpiadi dei fenomenali record mondiali di Florence Griffith, ma le sue prestazioni negli anni '90 sono in crescendo tanto da arrivare al ruolo di grande favorita sui 200 metri alle Olimpiadi di Barcellona 1992. Anche in Spagna, però, le cose non vanno per il verso desiderato e nella finale per l'oro viene 'bruciata' dalla statunitense Gwen Torrence e dalla connazionale Juliet Cuthbert, per Merlene c'è un altro bronzo. Ai Giochi di Atlanta 1996 ha ormai 36 anni, ma è reduce da due titoli mondiali sui 200 metri nel 1993 e 1995. Davanti al pubblico americano disputerà la sua miglior Olimpiade, ma anche la più sfortunata considerato che l'oro sui 100 metri le sfugge per appena 5 millesimi di secondo a vantaggio di Gail Devers e sarà argento anche sui 200 preceduta al traguardo dalla francese Marie-José Perec.
Dalla staffetta 4x100 invece arriva l'ennesimo bronzo. Merlene Ottey non demorde, alle Olimpiadi di Sydney 2000 è ancora in pista all'età di 40 anni e capace di raccogliere altre due medaglie: il bronzo sui 100 metri e l'argento nella 4x100. Nel frattempo si è trasferita in Slovenia, paese del quale prenderà la cittadinanza e sotto la cui bandiera parteciperà alle Olimpiadi di Atene 2004, dove però viene eliminata in batteria.
Il Mozart dei canestri
In un momento storico in cui le stelle del basket europeo brillano anche in NBA, non è facile spiegare a chi non lo ha vissuto cosa sia stato Drazen Petrovic. Quando giunse nel massimo campionato americano alla fine degli anni '80, quella strada per i cestisti del vecchio continente era come un ripido sentiero di montagna.
Ma è grazie al 'diavolo di Sebenico' o 'Mozart dei canestri' che fuoriclasse come Dirk Nowtzki o Paul Gasol troveranno una strada asfaltata negli Usa che oggi è diventata un'autostrada a tante corsie per superstar del calibro di Luka Doncic o Giannis Antetokounmpo.
Ma prima di sbarcare in NBA, Petrovic è stata una stella di prima grandezza di una fortissima nazionale jugoslava di pallacanestro e, successivamente, di una Croazia che muoveva i primi passi da paese indipendente anche nello sport. Giovane stella del Cibona Zagabria, non ha ancora compiuto 20 anni quando partecipa con la Jugoslavia (campione olimpico in carica) alle Olimpiadi di Los Angeles 1984, praticamente il suo trampolini di lancio a livello internazionale, dove ottiene la medaglia di bronzo.
Le 'sue' Olimpiadi potrebbero essere quelle di Seul 1988 dove per la prima volta nella storia (con l'eccezione dei Giochi boicottati del 1980) gli Usa sono esclusi dalla finale per l'oro che vede in campo Urss e Jugoslavia. Sul fronte slavo sono in campo oltre Petrovic anche Divac, Paspalj e Radja, tra i sovietici ci sono Marciulionis e Sabonis: uno scontro tra Titani che verrà vinto dall'Urss nonostante i 24 punti di Drazen. Tuttavia quella Jugoslavia avrà modo di dimostrare tutto il suo potenziale vincendo il titolo europeo e, soprattutto, quello mondiale del 1990 dove Petrovic riesce a fare la differenza praticamente in ogni partita. Nel frattempo si è già trasferito a Portland dopo una straordinaria stagione al Real Madrid.
In NBA vestirà le canotte dei Blazers e dei New Jersey Nets. Saranno le guerre civili a dilaniare per sempre la Jugoslavia e alle Olimpiadi di Barcellona 1992 il 'Dream Team europeo' non esiste più, tuttavia Drazen Petrovic è l'alfiere di una fortissima Croazia. Purtroppo quel torneo di basket non si può vincere, è il primo che vede al via la nazionale Usa composta da giocatori della NBA: ci sono Michael Jordan, Magic Johnson, Karl Malone e Patrick Ewing, giusto per citare soltanto alcune stelle di quella che, probabilmente, è la nazionale più incredibile nella storia di tutti gli sport di squadra, il primo e probabilmente l'unico vero 'Dream Team'. Ma la Croazia di Petrovic non sfigura, giunge in finale e sfida gli Usa per l'oro, perde come da pronostico dopo aver avuto la soddisfazione di condurre qualche minuto in vantaggio.
Drazen metterà a segno 24 punti, due in più di Jordan, mettendo al collo la seconda medaglia d'argento consecutiva. Non ci saranno altre Olimpiadi per lui, purtroppo, perché la sua vita finisce in un tragico incidente stradale in Germania, meno di un anno dopo la finale di Barcellona. Aveva soltanto 28 anni.