Dopo aver visto quali sono gli ultimi "paradisi fiscali" analizziamo questa interessante sentenza con la quale la cassazione (sentenza n. 2432/17 del 31.01.2017) ha statuito che non solo i liberi professionisti e gli imprenditori sono soggetti ai controlli anti-evasione. Tali controlli si estendono a qualunque cittadino in presenza di determinati sospetti sui movimenti bancari.
Accertamenti bancari per tutti
In base alla decisione della Cassazione l’accertamento bancario può scattare per qualunque cittadino anche se lavoratore dipendente o addirittura disoccupato al fine di verificare l’evasione fiscale.
Se le movimentazioni sul conto bancario non hanno corrispondenza con il reddito del soggetto l’Agenzia delle Entrate è legittimata ad eseguire i dovuti controlli incrociati.
Ebbene sì, l’AdE può controllare il conto corrente di qualunque cittadino se vi è il dubbio che un’operazione sia sospetta, ciò ai sensi dell’art. 32, co. 1, n. 2, d.P.R. n. 600/1973. In tal caso scatta una presunzione di evasione fiscale che può essere vinta dal contribuente solo riuscendo a dimostrare (e quindi documentare) la provenienza legittima delle somme. Il fisco può utilizzare i dati bancari di ciascuno ed incrociarli con quelli reddituali al fine di verificare la sproporzione dei movimenti in virtù degli artt.
38, 39, 40 e 41 d.P.R. n. 600/1973. Se il reddito annuo non è tale da giustificare l’ammontare dei versamenti sul conto (specie in contanti) allora il fisco può presumere che si tratti di somme derivanti da attività in nero o illecite, con la conseguente tassazione delle stesse, oltre alle sanzioni. Tale verifica ormai avviene in modo quasi automatico poiché a seguito dell’introduzione dell’anagrafe dei Conti correnti (detta anche “anagrafe dei rapporti finanziari”), ciascun istituto di credito è tenuto a comunicare all’AdE il saldo e i dati di ogni movimento eseguito sul conto dai clienti, tutto ciò in tempo reale.
L’acquisto e il versamento sospetti
Quando il bonifico o l’acquisto è sproporzionato di almeno il 20% rispetto al reddito scatta in automatico un accertamento fiscale (cd. redditometro). In tali casi è necessario dimostrare con documenti la provenienza di tali somme, in modo da far cadere ogni dubbio circa la paventata evasione fiscale.
Documenti probatori possono essere estratti conto, assegni, insomma ogni titolo che comprovi la tracciabilità delle somme. Non è necessario invece dimostrare che anche il reddito del “donante” (genitore, parenti ecc.) sia congruo rispetto alla donazione. Tuttavia l’Agenzia delle entrate ben potrebbe procedere all’accertamento nei confronti del parente (o amico) benefattore per verificare se questi sia in grado di giustificare l’entità del “dono” in base al proprio reddito.
Come difendersi
Per vincere la presunzione di evasione fiscale occorre dimostrare la provenienza legittima delle somme. E' quindi necessario l’utilizzo di strumenti tracciabili (come il bonifico bancario) indicando nella causale che si tratti di un regalo (regalo di natale, di nozze ecc.).
Sarebbe consigliabile mettere per iscritto la donazione in modo da chiarire la causale della elargizione. Tale scrittura dovrà avere data certa che è possibile ottenere anche nei seguenti modi: registrazione della scrittura presso l’Agenzia delle Entrate; spedizione a se stessi la scrittura con raccomandata senza busta, quindi semplicemente piegando e spillando la lettera facendo apporre il timbro postale direttamente sulla stessa e con la relativa data; inviando la scrittura privata sottoscritta dalle parti tramite PEC tra le parti stesse; sottoscrizione dell’atto con forma digitale di entrambe le parti. Per restare aggiornato sulle novità di diritto, economia e lavoro premi il tasto Segui accanto al nome.