Prima di comunicare il licenziamento ad un dipendente i datori di lavoro dovranno pensarci bene. Infatti, la Legge di Bilancio 2018, che dal 31 ottobre ha iniziato il suo lento iter parlamentare, tra le molte novità in arrivo contiene anche una disposizione che prevede il raddoppio dell'importo da pagare rispetto a quanto previsto in precedenza. Anche se una somma così elevata verrà richiesta all'azienda solo in caso di procedure di licenziamento collettivo che, di norma, si verificano in caso di crisi aziendali, come un fallimento o altra procedura concorsuale.

Vediamo, quindi, di capire cosa cambierà per aziende e lavoratori a partire dal 1 gennaio 2018.

Il quadro normativo attuale

Per le aziende tenute a contribuire al finanziamento del fondo per la cassa integrazione straordinaria, fino alla fine del 2016 era obbligatorio versare il contributo alla mobilità. Successivamente, dal 1 gennaio 2017 la mobilità è stata abolita e sostituita da un contributo, introdotto con la Legge Fornero, che andava a finanziare l'erede dell'indennità di disoccupazione cioè l'Aspi. L'Aspi, poi, dal 2015 è mutata nella naspi.

In effetti, si tratta di una tassa pagata dai datori di lavoro che serve, essenzialmente, a finanziare i vari ammortizzatori sociali che, nel corso del tempo, hanno preso il posto della vecchia indennità di disoccupazione.

Già prima della attuale riforma, in corso di approvazione, se la procedura di licenziamento collettivo non era stata presa in accordo con le rappresentanze sindacali, il contributo era triplicato e, per di più, andava versato in un'unica soluzione, a differenza di quello precedente per la mobilità che era rateizzabile.

Quanto costa licenziare

Dato che la vecchia indennità di disoccupazione è stata sostituita dalla Naspi, quest'ultima rappresenta il punto di partenza per calcolare il costo effettivo e reale del licenziamento. Fino ad ora la legge prevedeva che l'importo da versare fosse pari al 41% dell'importo massimo mensile della Naspi che può essere riconosciuto al lavoratore.

Questo, inoltre, deve essere versato per ogni 12 mesi di anzianità del lavoratore negli ultimi tre anni.

Quindi, dato che l'importo massimo della Naspi per il 2017 è di 1195 euro, il 41% di questo importo è pari a 490 euro. Moltiplicando per tre l'importo dovuto fino ad oggi era di 1470 euro. Quindi, se si procede ai licenziamenti collettivi senza un preventivo accordo con i sindacati, questo importo, da pagare per ogni singolo lavoratore, va aumentato tre volte e arriva a 4410 euro.

Ora, la Legge di Bilancio 2018 vuole portare il massimale di calcolo all'82%, raddoppiando, di conseguenza, tutti gli importi sopra riportati. Infatti, il punto di partenza sarebbero 2940 euro da gennaio. E se dovesse mancare un accordo sindacale si tratterebbe di 8820 euro a lavoratore.

Comunque, la Legge di Bilancio prevede che tali nuove disposizioni non si applichino alle procedure di licenziamento già in essere al 20 ottobre 2017. Ma, comunque, si tratta di una norma che impatterà notevolmente sulle aziende.