La tassa per i rifiuti ha subito nel corso degli anni varie modifiche e denominazioni ed è sempre stata oggetto di polemiche e discussioni da parte dei cittadini. Negli ultimi anni, poi, con la raccolta differenziata porta a porta si sono scatenate delle vere e proprie rivolte, ma questo è un altro discorso che non ha a che fare con la sentenza del 25 maggio 2018 in oggetto, chiarificatrice di molti dubbi che hanno i proprietari di immobili inutilizzati. Qualcuno si sente derubato dal pagamento di Tasse che comprendono servizi che non vengono sfruttati: se l’abitazione è disabitata, in vendita o in ristrutturazione, mancano il bagno o la cucina, perché bisogna essere costretti a pagare la tassa dei rifiuti?

Tari, Tia, Tares, Tarsu, Iuc: tante sigle che significano solamente tasse da pagare al Comune

La Legge di stabilità del 2004 ha introdotto nuove denominazioni per la tassa di rifiuti, che da allora in alcuni Comuni ha sostituito, in ordine cronologico, Tarsu, Tia e Tares ed è entrata a far parte della IUC, imposta unica comunale, che comprende Imu, Tasi e Tari. La tariffa di igiene ambientale (TIA) deve essere pagata ogni anno, tuttavia se l’immobile in oggetto è privo dei servizi essenziali e dunque non produce rifiuti, il proprietario non è tenuto a versare il tributo. La richiesta di esenzione dalla Tia va presentata una volta sola e non è necessario ripetere ogni anno questa operazione, che va fatta solamente qualora subentrino dei cambiamenti.

La Commissione Tributaria Regionale ha stabilito che nel caso in cui sia comprovato e documentato che una casa non è utilizzata ed è incapace di creare rifiuti il proprietario non è tenuto a pagare la tassa.

Denunciato per non aver versato le tasse ma vince la causa

Il presupposto fondamentale per pagare la tassa di igiene ambientale è che il locale sia idoneo alla produzione di rifiuti, il che è mancato alla casa in oggetto ed è stato ampiamente provato e documentato alla Commissione Tributaria Regionale.

Il proprietario dell'immobile ha fatto ricorso perché l’azienda preposta allo smaltimento dei rifiuti, (il cui nome per motivi di privacy è stato omesso nella sentenza analizzata), gli ha notificato una serie di pagamenti non avvenuti della tassa di smaltimento rifiuti. Il contribuente ha fatto richiesta di esenzione dalla Tia una sola volta e non lo ha ripetuto negli anni a seguire, come dispone il regolamento comunale di Lucca, ove è situato l’immobile.

Se la richiesta non viene fatta ogni anno decade il beneficio dell’esenzione, tuttavia questo è apparso ai giudici in netto contrasto con lo Statuto del contribuente.

L’azienda preposta alla raccolta dei rifiuti ha portato avanti la causa fino a giungere in Cassazione, ma gli ermellini hanno disposto che se l’immobile è privo dei servizi essenziali e disabitato non è soggetto al pagamento delle tasse comunali sui rifiuti e non deve ripetere ogni anno la richiesta. Le comunicazioni relative all’idoneità o inidoneità del locale alla produzione di rifiuti devono avvenire solo ed esclusivamente quando vi sono delle variazioni e non ogni anno, come stabilito dal comma 2 dell’articolo 62 del Decreto Legislativo numero 507/1993.

Inoltre l’articolo 70 dello stesso decreto stabilisce che, sebbene l’imposta sia annuale, non è ragionevole che la denuncia di un'eventuale variazione debba avere la stessa cadenza. La Cassazione ha sottolineato che la tassa in questione, pur essendo a beneficio del Comune, questi non può pretendere l’obbligo di denunciare variazioni qualora non avvengano, perché ciò va contro i principi dello Statuto del contribuente oltre che ai normali criteri di ragionevolezza.